RE-VISIONE - Fast & Furious 8



Sapete come si crea un gruppo di supereroi?
Di solito, c'è un eroe, che si rende conto di doversi unire con altri per poter affrontare un problema o una serie di insidie. Egli è forte, indubbiamente sa spingersi oltre i limiti, ma arrivati di fronte a questa particolare situazione, sa che dovrà affidarsi ad altri come lui, dello stesso suo livello, ma con abilità diverse. Trovando la giusta alchimia, la chiave del successo starà nel gruppo, e non più solo nella forza del singolo.

Perché questo incipit "fumettoso", vi starete chiedendo. La risposta sta a monte della visione di questo ottavo film del franchise di "Fast and Furious", summa dell'evoluzione di una saga action tra le più longeve, amate e qualitativamente più interessanti che ci siano state.

"Qualitativamente più interessanti: che spreco di termini per questi filmacci di corse di macchine", alcuni di voi potranno sentenziare, sollevando un altezzoso sopracciglio.

Ma la verità è proprio questa: i film di "Fast & Furious" sono ormai arrivati, a livello narrativo e di virtuosismo stilistico, allo stesso rango che da alcuni anni a questa parte, forse, appartengono i vari film coi supertizi in costume di spandex, quelli per cui la critica pare avere un amore incondizionato.

Dal quarto capitolo in poi, difatti, è la storia, prima ancora che lo smacco alle leggi della fisica, ad aver subito una profonda mutazione.

All'inizio, se ricordate, ci hanno fatto conoscere Dom Toretto e la sua gang di ladruncoli.
Il primo film era uno status fatto di testosterone e macchine da corsa, di criminalità, di rapine ad alta velocità che solo il passaparola ha fatto diventare Cult. Poi, promuovendo il comprimario a protagonista, si è arrivati al secondo capitolo. Per molti non certo all'altezza del primo, ma aveva del potenziale e il franchise ne guadagnò comunque in termini d'incassi.

Naturalmente, non parliamo di pietre miliari. A fronte dell'amore del pubblico, la critica più estremista aveva tutte le sue buone ragioni per storcere il naso.

Specialmente poi col terzo capitolo. Quello che, a ben guardare all'epoca, pareva quasi non avere senso alcuno. Gli attori e la resa tecnica, a parte alcune sequenze di guida dirette con occhio visionario, lo rendevano un film più per il semplice home video che per il cinema.

Il successo comunque arride anche a questo terzo impianto, ambientato a Tokyo e con comparsata speciale di Vin Diesel sulle note finali, tanto da convincere, spinti dalle richieste dei fan, la Universal a puntare su un quarto capitolo, riunendo tutti i membri del cast del primo film.

Tornano il regista e lo sceneggiatore del terzo, Justin Lin e Chris Morgan, ed è il primo seme gettato di quello che da quel momento in poi diventa non più un semplice ciclo di film di corse di macchine, ma una storia di Eroi, con la maiuscola.

Infatti il quarto capitolo, partendo da un plot twist da colpo al cuore, inizia a mettere le basi per quella che sarà la prima vera scintilla del cambiamento per questi personaggi.
Portare la dicotomia tra l'essere buoni e cattivi alla totale distruzione, per rinascere come moderni Robin Hood in sella a bolidi rombanti.

Di pari passo, insieme ad una nuova coscienza di sé, si è decisi ad alzare l'asticella di ciò che si poteva o meno fare con queste macchine. Spingere sull'acceleratore a più di un livello, non solo automobilistico, per far capire che non eravamo più a Los Angeles a rubare televisori da un camion ma che si trattava invece di essere la soluzione ad un problema più ampio.

Così come un supereroe è tale sia per i poteri sia per la forza di volontà, anche i personaggi di "Fast & Furious" hanno dalla loro sia la totale conoscenza dei bolidi e di come si guidano sia un invalicabile codice d'onore, la loro principale fonte di ogni forza e resilienza, la "Famiglia".

Difatti questo concetto, dapprima solo mero principio morale di comodo, adesso assume una dimensione olimpica, come un invisibile calice di nettare dal quale bere, per il bene della ricerca empatica di un rapporto con il pubblico che vada oltre i cazzotti e le prodezze al volante.

La scommessa è vinta. Il quarto film porta al botteghino cifre di tutto rispetto e il quinto capitolo è prontamente messo in cantiere.

Qui inizia la scalata verso le vette più alte che una saga action abbia saputo concepire.
Il film parla di una rapina e il colpo di scena finale è orchestrato con dovizia.
Ma ciò che più conta è che per portare a casa il risultato, l'Eroe della storia mette insieme quel gruppo di suoi pari di cui parlavo nell'incipit di questa recensione.
Ancora una volta Lin e Morgan a dirigere l'orchestra di motori e stavolta lo sceneggiatore dimostra, non solo di aver fatto i compiti, ma anche di saper padroneggiare appieno la materia.
Riunisce tutti i personaggi visti sinora nei quattro film precedenti, ne introduce di nuovi, crea una cosmogonia, dove le macchine arrivano sempre e sostanzialmente seconde.
I personaggi funzionano, hanno il loro perfetto incastro, tutti uniti al solido grido di "Famiglia".
Ancora questa parola, ancora questo altisonante concetto che prende al cuore dello spettatore, facendolo sentire parte del team a sua volta.

Arriviamo al sesto capitolo, dove il concetto di "Robin Hood" assurge ancora una volta ad un gradino più alto, la scala si fa sempre più internazionale e la soglia di cosa è consentito fare con un mezzo a quattro ruote e con la fisica del movimento viene portata ad un nuovo estremo. Sul finale, il colpo di genio narrativo di un ormai lanciatissimo Morgan chiude un ideale cerchio, inglobando anche il terzo, non più criticabile, film della serie, quel Tokyo Drift della discordia.

Settimo giro, settima corsa. Stavolta non più Lin alla regia, sempre Morgan alla scrittura, ormai una solidissima garanzia, e a pesare come una spada di Damocle, la morte di Paul Walker, quel comprimario assurto a protagonista, amatissimo membro della "Famiglia", che porta al film un carico emozionale al quale il pubblico risponde con forza, cosa rarissima per un settimo volume di qualcosa di cosi popolare e sonoramente tamarro, con un colossale, mondiale abbraccio.

La faccenda potrebbe finire qui, la chiusa parrebbe anche starci, ma siamo ad Hollywood e la corsa per Toretto e compagnia al seguito non è ancora arrivata a termine.

Viene così annunciata l'ottava installazione del franchise. Viene presentata come una nuova trilogia, che dovrebbe culminare quindi con un "Fast & Furious 10".
Qui ovviamente i commenti sui social si sprecano, dettati essenzialmente dalla paura.
Perché anche il fan più accanito sa bene, in cuor suo, che la possibilità di far crollare tutto il buono sinora, incredibilmente, costruito è praticamente un attimo, bastano 120 fallimentari minuti per mettere una pietra sopra a tutto e il cinema action ha da insegnare su questo.



Ma la "Famiglia" è solida, lo è maledettamente. Al punto che questa saga non conosce requie e così Chris Morgan firma la quintessenza del suo ciclo narrativo.
Si permette di giocare con tutti i soldatini che pazientemente ha buttato in campo nei film precedenti.
Prende il concetto di Famiglia, da lui portato in trionfo, e lo scuote dalle sue fondamenta, per poi rimetterlo sul piedistallo alla sequenza successiva, lanciandosi in un ardito colpo di scena, perfettamente calato con quello che il pubblico vuole e sa aspettarsi dai suoi amatissimi personaggi.

Il plot è un coacervo incredibilmente efficace di adrenalina e colpi di scena, forse anche più che nei capitoli precedenti. Una politica che paga e che qui passa davvero a presentare il conto.

Siamo lontani anni luce ormai dalla serietà altisonante del primissimo capitolo, quasi a livello di un film drammatico di altri tempi, se paragonato a questo numero otto.
Si ride, ci si emoziona, si rimane col fiato sospeso e non si molla la presa per un attimo.

Gli Eroi ormai sono praticamente Super.
Uniti, potenti, invincibili e carichi di una struttura e di un carattere che li identifica e dona loro una tridimensionalità che nessun effetto speciale potrà mai superare.

Il cinema d'azione vive di pancia, fa leva sul bisogno sempre più alto del pubblico di avere adrenalina ed emozioni, talvolta a buon mercato.
La saga di "Fast & Furious" prende quel bisogno e lo ingloba, lo assimila e lo trasforma in qualcosa di più ampio, in qualcosa che ha il sapore del Mito, di quello degli eroi di cui si finisce per parlare intorno ad un fuoco e a commentarne e tramandarne le gesta.



Potrei star qui a continuare per altre decine di righe, magari parlandovi di come Charlize Theron sia la cattiva perfetta, sinora la migliore mai apparsa nella saga, un'attrice premio Oscar totalmente capace di calarsi nella cifra stilistica di un prodotto di questo tipo, uscendone vincente su tutti i fronti attoriali. Di come, a proposito di premi Oscar, il film offra anche una brillante apparizione di una grande attrice che potremmo definire "regale", e già così ho detto troppo.

Di come la regia di F. Gary Gray sia totalmente asservita allo script, di come segua anche qui l'evoluzione mostrata nei film precedenti e ne aggiunge un nuovo folle tassello, anzi due.
Uno mostrato nei trailer, con le macchine sul ghiaccio e quello delle "auto zombi", un disastro simile a quello del finale di "The Blues Brothers" ma senza quell'iconica ironia, solo testosteronica potenza.

Potrei, ma non lo farò.
Perché, alla fine dei titoli di coda, l'unica cosa che davvero conterà, quella che ci farà sorridere di noi stessi e nel caso di alcuni, anche un pizzico vergognare, sarà la voglia di averne ancora e ancora. Di tornare sul sedile del passeggero con questi Eroi e seguirne, per quanto sarà ancora, possibile le gesta e le immortali, roboanti imprese.

"Fast & Furious 8" è la consacrazione di una saga che non conosce cedimenti.
"Fast & Furious 8" è un meritatissimo successo, che vi piaccia o no.









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