IO LEGGO FORTE - Dylan Dog Color Fest 22 (Remake 2)


Devo dire che ha una struttura abbastanza altalenante questo 22imo Color.
Perché se i nomi coinvolti sono decisamente da dream team, il risultato finale, tra omaggi e riletture, non è precisamente di quelli da applausi a scena aperta.
La prima storia, "Ancora Un Lungo Addio", a parte i disegni di Di Giandomenico, è una vera delusione, dato che il tentativo fallito della Barbato di riportarci a Moonlight ha la stessa potenza emotiva del guardare un ghiacciolo sciogliersi al sole.
Non sono un detrattore dell'autrice, anzi. Quando scrive delle belle cose, e ne ha scritte, sono il primo ad osannarla, ma non è decisamente questo il caso.


La seconda, quella mediana, è forse la migliore del pacco. "Caccia agli inquisitori" nasce come omaggio, non solo alla storia originale, ma anche al suo autore. Gioca con un espediente da metateatro all'interno di una metanarrazione (non saprei come altro definirlo) che riesce, seppur nell'arco di trenta paginette, a rendere, se non gloria, almeno onore ad una storia ancora oggi densa di genio e significato (e non a caso riproposta in un bel volumazzo della Bao).
Faraci pare si sia veramente divertito a scrivere di Daryl Zed (tanto che forse in futuro potrebbe persino apparire una mini sul personaggio) e si vede. Cosi come il lavoro di Mari è sempre di gran classe, e stavolta, forse perché il progetto prevedeva il colore sin dall'inizio, le sue tavole non risentono affatto della policromia.


La terza, "La Grande Baraonda", quella firmata da autore completo da Celoni, è forse quella più inafferrabile dell'albo.
Essenzialmente è un capolavoro visivo. Tavole che paiono dipinti, da ammirare ad ogni giro di pagina.
Ma la storia in sé manca di coraggio, si limita al semplicissimo omaggio, al limite della fotocopia, e poco oltre non si spinge.
Non è esattamente un male, la storia originale "Golconda" (da poco riapparsa ne "Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi", nel caso voleste - e dovreste - recuperarla) è un piccolo must della scrittura surreale, uno degli apici del Tiz, e quindi capisco che metterci troppo sopra le mani fosse impresa da far tremare le ginocchia, ma al tempo stesso, tanto lirismo visivo non sarebbe stato un male se si fosse accompagnato ad una interpretazione più personale anche della narrazione, a parte l'attualizzazione temporale ai giorni nostri.
Ma ammetto che erano aspettative personali, il lavoro grafico di Celoni, ripeto, è eccellente e difatti lo annovero, insieme alla storia di Faraci-Mari, tra i motivi per cui questo Color è sostanzialmente un acquisto da fare.
Mi spingo quindi in un voto positivo, un bel 7+

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