RE-VISIONE - Death Note - Il Quaderno della Morte (Netflix 2017)


Penso, e parlo per la mia esperienza da cinefilo, che creare l'adattamento di un'opera da un media all'altro sia per certi versi una delle cose più difficili dell'arte di fare Cinema.
Sia che si parli di un libro, di un fumetto o di animazione, trasporre sotto un altro linguaggio stilemi e caratteri dell'originale richiede talento e capacità comunicative non comuni.
Nel caso di Death Note - Il Quaderno della Morte, film originale Netflix, il salto mortale è addirittura triplo. Perché non solo deve portare su schermo, con attori in carne e ossa una storia che nasce manga nei primi anni duemila e si evolve poi in una amatissima serie anime che, complice il passaparola e l'eccellente qualità dell'animazione, diventa un'opera di culto in tutto il mondo, ma deve anche adattare il tutto da un continente all'altro, trasportando la storia dal Giappone all'America.
Non è la prima pellicola live action dedicata al manga di Tsugumi Ōba.
Ne esistono già di orientali, ma, come detto, questa prodotta dalla piattaforma digitale Netflix, è direttamente pensata per il mercato occidentale.
Al tutto si aggiunge il fatto che, per ovvie ragioni, è quasi impossibile trasportare tutto il complesso meccanismo alla base dell'originale, quella partita a scacchi di mosse e contromosse, tra colpi di scena e ingranaggi messi in moto, tanto interessanti quanto incredibili, in un film di 100 minuti scarsi.
Insomma, impresa non da poco quella che gravava sulle spalle del regista Adam Wingard.
Perché nessuno si aspettava una lettura fedele, anzi. Forse il gioco stava proprio lì, ossia vedere come si sarebbe potuta svolgere la storia di Light, il suo ritrovarsi tra le mani il Death Note, il magico taccuino in grado di dare la morte a chiunque vi sia segnato sopra, se il tutto fosse nato in America, con gli elementi di fondo stravolti in termini occidentali.
Quindi allora dovremmo parlare di ispirazione, più che di adattamento.
Di un'idea che, presa e riscritta cambiando alcuni fattori, non modifica però il risultato, dimostrando l'universalità dei suoi temi, su quel delicato equilibrio tra Legge e Morale alla base dell'originale.


Qui iniziano però le note dolenti. Perché questo Death Note - Il Quaderno della Morte fallisce miseramente lo scopo. Perché, a monte di tutto, questo film è proprio mal concepito alla radice.
Dal casting sino alla sceneggiatura, passando per la regia, questa pellicola è un coacervo di imbarazzanti vuoti a perdere.
Prendiamo per esempio l'atmosfera del film: ciò che in origine era un gioco che diventa sempre più sfuggente nei contorni e nelle dinamiche morali di fondo, quell'inseguire una spietata via d'uscita sfruttando ogni stratagemma possibile diviene qui un mero teen movie su un ragazzetto mezzo sfigato che, circuito sia dallo shinigami che da una novella Eva tentatrice di nome Mia, decide di usare il Death Note prima per biechi fini di vendetta contro i bulli della scuola e su chi ha fatto a lui e alla sua famiglia del male, per poi alzare il tiro e punire criminali di ogni sorta e risma in tutto il mondo.
Quello che nel manga era un complesso tentativo di fare del bene messo in piedi da un Light riflessivo, calcolatore e dalla ferrea e personale morale, diviene qui il perverso divertimento di una coppietta di giovani annoiati da tutto ciò che sta loro intorno, alla costante ricerca di un brivido che li allontani dalla cosiddetta normalità.
Alcuni di voi penseranno che, perché no, potesse anche funzionare come idea di fondo.
Ma arriviamo qui al successivo passo falso, ossia il casting. Il protagonista, Nat Wolff, non solo ha evitato di leggere il manga o guardare l'anime, ma già che c'era ha pure dimenticato quelle poche regole di recitazione imparate in questi anni. Il suo personaggio è talmente caricato, in modo sbagliato, da non sembrare mai completamente giustificato, sia nel modo di porsi sia nelle sue azioni, tanto che lo spettatore fatica non poco a provare anche solo un poco di interesse nei suoi confronti. Paga pegno con il Light originale forse solo sul finale, ma l'impressione è che sia solo fortuna, più che bravura intrinseca.
Come in un domino, l'interpretazione fallace di uno si porta appresso tutti gli altri: dal padre, interpretato da uno Shea Whigham raramente così svogliato ( e sì che, per dire, in Kong: Skull Island non ci mette manco il minimo impegno, ma mille anni luce meglio che qui), sino alla giovane Margaret Qualley, la cui Mia deve lavorare il doppio per avere tridimensionalità sulla scena.
L'unico che pare aver voluto almeno provarci è l'interprete di Elle, il genio votato suo malgrado alla lotta al crimine e capace di stare dietro alle mosse di Light, cercando di prevederle.
Questo nel manga.
Perché nel film Netflix, per quanto il giovane Keith Stanfield cerchi di risaltare gigioneggiando a tutto andare, alla fine, penalizzato da una sceneggiatura sin troppo sfilacciata, finisce per essere poco più di una macchietta tragicomica.
Arriviamo così all'ultimo punto dolente, quello che riguarda la sola tecnica: la scrittura e la regia.
Perché, se come detto, il trio di sceneggiatori responsabili dello script tradiscono logica e personaggi, rendendo il tutto un insipido teen movie, con tanto di ballo studentesco sul finale con colonna sonora a tema, e che, quando cercano di rendere omaggio al sottobosco complesso dell'originale finiscono solo per ridicolmente complicarsi la vita, non riuscendo a costruire nulla che sia capace di resistere al minimo colpo di vento, quello che merita una sorta di meritoria gogna è il regista Adam Wingard.
Nome, il suo, che gli appassionati di horror conoscono bene, dato che negli ultimi anni ha saputo consegnare due ottime pellicole di genere: You're Next e il carpenteriano The Guest.
Ha compiuto un mezzo passo falso con Blair Witch, remake/reboot della celebre Strega di Blair, ma comunque portando a casa il merito di quei pochi ma interessanti colpi di scena visivi che mantenevano alto il giudizio su di lui e sul suo talento dietro la macchina da presa.
Stavolta però il passo falso lo fa tutto intero. Non ci sono guizzi in questo suo Death Note: la regia è sciatta, scolastica oltre il dovuto, incapace di mettere in riga i propri attori e di dare al film un tono degno di essere in qualche misura considerato e ricordato. Le morti totalmente debitrici del peggior Final Destination ne sono la prova. Non c'è impegno in questo suo lavoro, per quanto profusamente abbia voluto nasconderlo, facendo leva su ombre e sulla imbarazzante CGI di Ryuk. Già, Ryuk.
Non ne avevo ancora parlato a motivo.
Perché quello che da anima a Ryuk è un attore vero, uno di quelli il cui nome basta da solo a puntarci tutto. Cosa che infatti Netflix ha fatto. E Willem Dafoe fa ciò che sa fare meglio, presta la sua bravura attoriale al doppiaggio di un Ryuk, mefistofelico e burattinaio, che sarebbe stato capace di salvare la parata, se solo i fondi spesi per la CGI fossero stati adeguati allo scopo. Quella che vediamo è una maschera mal fatta, animata in modo mediocre, in totale accordo con il tono della pellicola, del resto.


Quindi un bel disastro, questo Death Note targato Netflix?
Si, e pure sottolineato per rendere meglio il concetto. Perché non solo fallisce come adattamento, fallisce come ispirazione, ma sopratutto fallisce come pellicola.
La cosa grave infatti è proprio questa: perché se un film è fatto bene, se il lavoro svolto è di quelli importanti, che si fanno notare ed apprezzare, tolta o meno la fedeltà alla fonte, si è pronti a renderne merito e a trovare tanti e buoni punti positivi. Ma quando si sbaglia alla base come in questo caso, il responso è solo negativo, indipendentemente da tutto l'affetto che si vuole provare per il brand.
Un'occasione sprecata, che per molti puristi sarà quasi da condanna capitale, di quelle da segnare sul proprio, personale Death Note.

DEATH NOTE - IL QUADERNO DELLA MORTE

Disponibile su Netflix dal 25 Agosto 2017

Diretto da Adam Wingard
Cast: Nat Wolff, Margaret Qualley, Keith Stanfield, Shea Whigham, Willem Dafoe (voce)

Commenti

Post più popolari