ANCORA UNO POI BASTA - Marvel's The Defenders



Se c'è una parola che meglio riassume queste otto puntate di "Marvel's The Defenders" su Netflix, un concetto che riesca a racchiudere lo scopo di questa nuova serie, quella è "Somma".
The Defenders è la somma al centro dell'equazione.
Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist.
Quattro personaggi che hanno trovato il loro ruolo, in quello che viene denominato dai nerd, quelli bravi, Marvel Cinematic Universe, come serial per la TV anziché andare sul grande schermo.
Quattro personaggi non tanto in cerca di autore, quanto di dimensione.
Una dimensione racchiusa in stagioni da 13 episodi l'una.
Stagioni che hanno visto svilupparsi trame autonome, personaggi nascere ed essere una sorta di repetita iuvant per tutti i quattro eroi (qualcuno ha detto Claire Temple?).
The Defenders è la somma di tutte quelle trame, di tutti quei personaggi di questo micro universo condiviso messo in piedi per quella piattaforma on demand macina numeri che è Netflix.
Lo dico subito, senza girarci ancora troppo intorno.
A me The Defenders è piaciuto davvero, tanto da divorarlo in quasi un sol boccone.
Prima di tutto, perché finalmente Netflix ha voluto premiarci. Ha voluto premiare la nostra costanza di nerdastri che, dopo due stagioni esaltanti del Diavolo di Hell's Kitchen, ci siamo sorbiti la prima di Jessica Jones, carica di buone idee, certo, con una protagonista azzeccatissima (Krysten Ritter e i suoi jeans sono un vero discorso a parte), un villain di quelli memorabili (David Tennant che mette a segno un altro memorabile ruolo, come forse solo col Dottore), ma al tempo stesso troppo lunga e con degli spaventosi momenti morti che non ne facilitavano la visione.
Introdotto proprio in "Marvel's Jessica Jones" ecco poi spuntare le 13 puntate dell'avventura solista di Luke Cage, diretta propagazione di quanto visto durante le vicende dell'investigatrice forzuta.
Qui la pazienza ha avuto vita davvero dura.
Tutto sommato, una buona base di partenza, la lotta al potere nero corrotto che domina Harlem, ma realizzato davvero con una scarsità di mezzi, con una lungaggine che neanche le file alle poste. Tutto troppo dilatato, troppo poco convincente sulla lunga distanza per far scattare una qualsiasi scintilla.
Eppure ne abbiamo visto la fine, attendendo il quarto e ultimo Difensore, quell'Iron Fist che si sperava fosse, se non all'altezza, almeno diretto inseguitore del campione Daredevil.
Così è stato. Azione, colpi di scena, il ritorno della Mano come villain, un poco di sano romanticismo hanno garantito a Danny Rand il plauso sperato, per quanto anche lui gravato dalla cura Netflix.
Già, la cura Netflix.
Quel concetto produttivo per cui, con in mano dei supertizi coi superpoteri, la messa in scena è di quelle minimali, di quelle dove il concetto di urbano inteso come quotidiano, comune, povero è portato al suo massimo. Gioco reso possibili anche dal fatto che i quattro personaggi sono, tra tutti quelli presentati nelle decadi dalla Marvel, quelli più "di quartiere" per loro stessa vocazione.
Serie messe in piedi sfruttando appieno ogni gabola registica di sorta, quel mostrare e non mostrare, sopratutto nelle scene di lotta, talvolta assenti come per Luke Cage oppure mai davvero spettacolari come per Danny Rand, quell'ambientare tutto in parcheggi, vicoli, uffici di multinazionali e depositi.
Anche in questo la serie di The Defenders è un premio.
Perché, dopo le prime due puntate introduttive, necessarie per piazzare quegli ultimi due pezzi del domino prima di far conflagrare il tutto, il resto è tutto un susseguirsi di lotte, esibite ed emozionanti, dove gli eroi se le danno di santa ragione, da principio tra di loro e dopo, come logico, contro i nemici che cercano di ostacolarne il cammino verso la salvezza dell'intera città.
Otto puntate che proprio per quel principio dell'incontro tra eroi, il cosiddetto Team-Up, scivolano via con una leggerezza che mai ci saremmo davvero aspettati.
Ogni episodio dura il giusto, ha ritmo da vendere, i dialoghi sono asciutti, efficaci, non soffrono delle lungaggini che avevano zavorrato i serial in singolo.
La trama è di quelle importanti, a sua volta, giusta congiunzione di tutto quello che ci è stato mostrato in precedenza e costruito tassello dopo tassello.
C'è la Mano come legante comune, si ha il ritorno di Elektra, così come di Madame Gao e Bakuto, e per la squadra dei buoni, di Misty Knight e Trish Walker.
Nomi che potrebbero non dirvi alcunché, se non avete seguito le vicende precedenti.
Proprio per questo dicevo che The Defenders è un premio.
Non concede, allo spettatore nato ieri, di capirci qualcosa. E' la conclusione e la prosecuzione di un discorso iniziato tempo addietro con chi guarda, e non si può pretendere di saltare la fila e passare avanti come se nulla fosse, avendo magari solo una mezza infarinatura delle cose.
Per fare un esempio, atto a dimostrare anche il fatto che quello su cui si muovono i vari personaggi è davvero un universo condiviso in tutto e per tutto.
Questa stagione di The Defenders è come se fosse, tecnicamente e senza scampo, la terza di Daredevil e la seconda per gli altri tre eroi.
Ciò che arriverà prossimamente per ognuno dei personaggi sarà a sua volta diretta prosecuzione di quanto visto in questi otto episodi dei Difensori.


Ma, a parte l'universo condiviso, cos'altro offre questa serie?
Abbiamo una Sigourney Weaver nei panni della villain principale che è la vera cifra aggiunta al progetto. Intensa, magnetica, senza mai strafare, il suo personaggio vive di vita propria sullo schermo, dicendoci solo l'essenziale per comprenderne azioni e psicologia.
Il Male che la circonda e di cui è artefice finirà per toccare uno per uno tutti e quattro gli eroi, che lo vogliano o meno.
Abbiamo una regia degna e attenta, che ha saputo coniugare il lavoro fatto dai colleghi nei progetti precedenti. Difatti, una delle cose che ha sempre accomunato la critica nel tratteggiare i punti a favore dei vari serial in singolo, è che la fotografia era eccellente. L'uso di un particolare spettro cromatico per ogni personaggio trova qui una sorta di poetica celebrazione.
A discapito di questa affermazione, guardate con attenzione la sigla iniziale (stupenda) e poi notate come, nei vari passaggi di scena, nelle fasi iniziali del racconto, si passi con la giusta soluzione visiva, con quel particolare colore di fondo, da un eroe all'altro, per poi lentamente, mano mano che il rapporto tra i quattro cresce dopo il loro primo incontro, vedere quell'arcobaleno raggiungere un nuovo, proprio cromatismo essenziale, che ha un poco di ognuno.
Anche il discorso fatto prima sul come le serie Marvel-Netflix siano ambientate in quelle poche sparute ambientazioni trova qui una sorta di zenith espositivo. Quei luoghi comuni che assurgono a Luogo Comune (si scusi il gioco di parole) entro il quale si muovono ed interagiscono.


Abbiamo quindi una serie che vive appieno il concetto per cui nasce. Quel concetto di unione, quel sottile, particolare piacere di vedere interagire i nostri beniamini, che abbiamo imparato a conoscere in solitaria, e ora eccoli lì, a combattere assieme, in nome di una faticosa alleanza.
Le psicologie che tanti dialoghi hanno costruito in precedenza, puntata dopo puntata per questo o quell'eroe, qui sono al loro massimo espressivo. Cozzano come è giusto che sia, come ci si aspetterebbe, dopo tutto quello che abbiamo sinora visto e sentito e ogni personaggio si relaziona ad un altro nella maniera più naturale.
Si creano siparietti assolutamente calzanti, sopratutto nelle due coppie Matt-Jessica e Danny-Luke, alleanze nell'alleanza che cementano quello che sarà il rapporto tra i personaggi, anche e sopratutto in virtù dell'episodio finale, densissimo di eventi.
Proprio per questo c'è spazio a sufficienza anche per tutte le spalle dei quattro eroi, anche loro, con il giusto incastro narrativo di una particolare situazione, portati ad interagire, mischiandosi nei pensieri e nelle impressioni, nelle confessioni sul loro ruolo di supporter e amici di personalità così originali.
Per i Marveliani duri e puri bastino le sequenze in cui sono assieme le "Figlie del Drago".
Chi sa che vuol dire questa definizione, capirà a chi mi riferisco, ed a loro voglio dire questo: il vostro senso di nerd non pizzicherà invano, fidatevi.


Quindi questa somma a che risultato porta?
Chiude l'equazione, lasciando le giuste incognite aperte per proseguire con il calcolo delle variabili, narrative e personali.
Si apre un nuovo orizzonte per ognuno di loro. Qualcuno, quei nerd bravi di cui sopra, parlerebbe di "Fase 2", trovando un parallelo con i progetti cinematografici della Casa delle Idee.
L'impressione è sostanzialmente proprio quella, perché, se avete avuto la costanza di seguire i quattro Difensori sin dai loro primi passi, il finale di questa serie di "The Defenders" vi lascerà con ancora più trepidazione di seguire in prima linea le loro future avventure.
E per una serie di supertizi con superproblemi, che sia su carta o celluloide, non c'è risultato migliore di questo, dell'essersi guadagnati una volta di più, mai di troppo, l'affetto del pubblico, nerd o meno.

Giudizio finale:
Voto 9. Da Nerdastro non poteva essere diversamente, e chi segue la mia pagina FB (Il Nerdastro, ça va sans dire) sa bene quanto aspettassi questa serie, felice oggi di non essere stato deluso.



MARVEL'S THE DEFENDERS

Disponibile su Netflix dal 18 Agosto

Con: Charlie Cox, Krysten Ritter, Mike Colter, Finn Jones, Sigourney Weaver



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