SUPERMAN

 


Come un albo di "Action Comics".

Come quando andavi in edicola e prendevi un numero qualsiasi di quel personaggio e semplicemente ti mettevi a leggerlo, senza troppi perchè, perchi e perquando.

Ma se proprio avete bisogno di uno strillone, diciamo che potrebbe essere "Punto d'inizio ideale per nuovi lettori", quando ci ficcano un bel #1 sulla copertina, e poi è in realtà solo cambiato il team creativo, che scorri le pagine e i pregressi dei numeri precedenti sono tutti lì, magari meno pressanti, magari il fianco è più aperto per farti entrare a gamba tesa e leggere le nuove storie a venire, ma se vuoi approfondire, ci metti passione.


Anche così, però, nessuno si mette lì a rispiegarti di nuovo quello che ormai è canone da 87 anni, ormai: il pianeta morente, la navicella col neonato, la fattoria in Kansas, la scoperta dei poteri, il costume blu e rosso, il Daily Planet, lo svelarsi al mondo come Supereroe, la bella e tosta giornalista di cui ti sei innamorato e il cattivo che ami odiare da quanto è maligno, senza dimenticare quel proverbiale punto debole dai riflessi verdi.

Bastano poche scritte ben piazzate, alcuni dialoghi altrettanto ben inseriti e anzi, sfruttando proprio ciò che ormai sappiamo sin troppo bene, metterci pure un piccolo gancio destro, giusto perchè la tua run sul personaggio abbia quel qualcosa che la distingua dalle altre.

Ecco, SUPERMAN di James Gunn fa esattamente questo, ha trasmesso, a me che leggo fumetti da che praticamente ho memoria e acqua sotto i ponti ne è passata - anta - parecchia, esattamente questo, ed è un sentimento per cui lo ringrazio, dico sul serio.

Perché in tanti anni che vado al cinema e che guardo cinecomics, forse è la prima volta che il grande schermo mi restituisce una sensazione così netta, come di albo a fumetti che si presenta in quanto tale, ma su pellicola invece che su carta, senza dovermi sorbire il solito "universale e per tutti" ritratto dell'Eroe, ma una sua diretta avventura piena di cuore, umanità e assoluta fantasia, da sempre la cifra stilistica di un comicbook dell'Azzurrone.


Del resto, Gunn lo ha già ampiamente dimostrato in passato e continua a farlo ancora adesso, di essere un nerd, un lettore di fumetti, di abbracciarne il sano intrattenimento e la divertente follia che si nasconde tra gli spazi bianchi, facendone il suo tratto distintivo come autore e sempre senza soppesare nulla col bicchiere pieno di falsa epica, conscio che questi personaggi vivono di mille vite, di pagine su pagine che ne hanno costruito la Storia e contribuito a forgiarne il Mito, al pari, se non più, delle perle raccolte in volumi di pregio.


Quegli stessi albi spillati che, mese dopo mese, da decenni, portano questi personaggi nelle case dei lettori, costruendo un immaginario vasto e da abbracciare, dove cogli l'essenza e la grandezza di questo universo narrativo, che non si limita al solo personaggio titolare, e dove non ti stupisci se magari appaiono Guy Gardner, Hawkgirl e Mr. Terrific: lo accetti e basta.

È in questo che comprendi come James Gunn "All Star Superman" se lo sia letto e ne abbia apprezzato l'anima insita in quella lunga storia: Grant Morrison ha riversato in quelle pagine tutto l'amore per il lato più colorato del personaggio, il suo essere non unico perno ma parte attiva di un mondo dove Impossibile è solo una parola. Vi ritroviamo il Clark Kent goffo, l'Eroe indomito con la sua Fortezza della Solitudine e i suoi robot, la redazione del Daily Planet con Cat Grant e Steve Lombard, oltre ai "soliti" Perry White, Jimmy Olsen e, ovvio, Lois Lane, quella che ha sempre l'ultima parola, anche quando questa è "Wow".

C'è il Lex Luthor maligno e manipolatore, anche se il termine corretto sarebbe megalomane, così come ci sta Krypto che fa quello che fa un qualsiasi cane, e riporta il bastoncino.

Ci sono personaggi stravaganti che appaiono, che supportano o sfidano il nostro Eroe, ma sempre con quella certezza di stare davanti ad un protagonista puro che è esattamente questo, per quella che è una signora lettura su Superman, una storia dove sono evidenti i suoi pregi migliori, la sua umanità, il suo vedere il meglio di noi, anche quando noi stessi non lo vediamo, il suo cuore e la sua volontà di fare del bene.


Nel film ora nelle sale c'è tutto questo, ma con quella cifra stilistica cara a James Gunn, capace di dare ad ogni personaggio, proprio come nei fumetti, il suo spazio e le giuste informazioni chiave, lasciandoti poi, se lo si desidera, la voglia di saperne di più. Puntando, con trovate e musica, su quei caratteri solo in apparenza strambi e "secondari".


Nathan Fillion è come il Guy Gardner dei comics, uno str***o con i capelli a scodella e la voglia di prenderlo a pugni (e difatti ne ha incassato uno da Batman, in una vecchia storia) e Edi Gathegi è un ottimo Mr. Terrific, esattamente come la sua controparte di carta.

Di entrambi, e della Hawkgirl di Isabela Merced, voglio vedere ancora, e ad accontentarmi nell'immediato, arriverà la seconda stagione di "Peacemaker", così come a presentarmi il Rick Flag Sr. di Frank Grillo, che qui incontriamo, ci ha già pensato "Creature Commandos".

Gunn non poteva però limitarsi a replicare o citare "All Star Superman" con qualche differenza qui e là e delle strizzate d'occhio sullo sfondo, non quando stai costruendo un universo narrativo più ampio, non quando devi presentare e far capire al pubblico che, sempre appunto come nei comics, questo Superman è parte integrante di un tutto, quello stesso mappamondo in cui, anche senza dirtelo, sai che ci sono Metropolis, Gotham, Central City, l'Isola delle Amazzoni, quella di Corto Maltese, il Pokolistan o, nel caso specifico di questo film, la Boravia e il Jarhanpur (che vengono sempre dai fumetti).


E nel conflitto tra queste due nazioni, Gunn ci infila anche un preciso connotato "reale", un messaggio che trae la sua forza da concetti già esplorati in storie come "Per il Domani" ad esempio, con Superman che è un campione del Bene, e quando sei un simile Eroe, puoi anche divenire l'ago della bilancia di una potenziale guerra.

Così, intervenendo per sventarne una, Supes mette in moto una serie di eventi che lo spingono all'angolo, che lo portano (forse) a sbagliare come ad essere additato, mentre Lex Luthor fa di tutto per sconfiggerlo, per mostrare al mondo che non è il salvatore che tutti pensano egli sia, ma anzi una minaccia.


Un Superman, questo ci viene detto, che è attivo relativamente da poco, un Superman che può sbagliare, come chiunque, proprio perchè forte è la sua umanità, anche se la sua origine è aliena, da un pianeta lontano ormai distrutto e la Terra è la sua vera casa.

Un Clark Kent che si nasconde dietro un'apparenza goffa, ma in cui batte il cuore di un Eroe, così come quello di un figlio di cui un padre e una madre del Kansas possono essere fieri.

David Corenswet incarna questa dicotomia alla perfezione: credibile come ragazzone che viene da Smallville, pronto a fare ciò che è giusto con il suo costume con la S sul petto ed essere un "Big Blue Boy Scout", appassionato quando si tratta della sua Lois Lane e di discutere con lei, con un'alchimia che non te la puoi inventare, perchè è nel rapporto con Rachel Brosnahan che vedi quanto il casting è qui dannatamente indovinato: l'attrice è Lois Lane, forse la più Lois Lane delle Lois Lane apparse sul grande schermo, giornalista e protagonista che buca lo schermo e i cuori.


Quella lunga scena in cui i due duettano, battibeccano e si rintuzzano a vicenda è puro "Lois & Clark", alla pari del flirtare e del romanticismo che i due sanno evocare.

Anzi, a voler puntare il dito per avido capriccio, avrei voluto qualche momento in più tra loro due, proprio perchè affascinato in modo genuino da questa chimica.


E proprio come quelle scritte iniziali del film che giocano sul numero "3", anche il film punta su una trinità ben raffigurata: Corenswet, Brosnahan e Nicholas Hoult.

Quest'ultimo, vuoi perchè Gunn ha voluto - e non poteva in fondo essere altrimenti, visto che appartiene a "quella" generazione - guardare anche al "Superman" di Donner come parte fondante del Mito, racchiude in sè il Lex Luthor di Gene Hackman (Eve Teschmacher inclusa - qui interpretata da Sara Sampaio), lo stesso fare sfidante, ma aggiungendoci un po' di quello ritratto da Michael Rosembaum, con quell'arroganza giovane da potente capitano d'industria che desidera "solo" adorazione e tornaconto personale.

Poi c'è lui, Krypto: non una mascotte, ma vero e proprio co-protagonista al pari degli altri sulla scena, agisce, colpisce e si piglia subito l'affetto del pubblico.

Krypto è un bravo cane, non solo come nei fumetti ma soprattutto perché Gunn lo fa comportare come tale: chi ha animali, non potrà che gioirne e riconoscere i comportamenti di questo cucciolone, che nel film ha una precisa missione, quella di creare un rapporto da subito empatico con gli spettatori (d'altronde, chi non ama gli animali?). Ci sarebbe anche un'altra cosa, ma appartiene al novero di ciò che è bene non spoilerare.

Tutto perfetto, quindi?

Non esattamente, anche perché al mondo nulla lo è, e pure se il cineasta recupera dai fumetti tutto l'immaginario qui presente, incluso il carattere solare del personaggio di Superman, che trae la sua forza dal sole non a caso (in contrasto con l'altro tizio che invece sta sempre in giro di notte a spaventare criminali), è anche vero che "Superman" è un film "diretto da James Gunn", quindi carico a pallettoni della sua visione d'autore, figlio del suo modo di raccontare, di presentare i personaggi e di distribuirli sulla scena come nella trama, colonna sonora inclusa. Perfettamente imperfetto proprio come ogni essere umano, e Superman questo sentimento lo racchiude appieno.


Una visione che, da lettori di fumetti, mi piace e apprezzo e ne voglio ancora, e mi fa desiderare di esplorare questo universo DC Studios al pari di quello DC Comics.

Soprattutto perchè traspare tanto amore per i personaggi, per ciò che rappresentano e perchè Gunn dimostra di coglierne l'essenza fantastica come poche altre volte mi è capitato di vedere.

Ma chi invece i fumetti non li legge? Per loro l'approccio come funziona?

Qui Gunn, sempre nell'ottica di mettere le basi fumettose di questo DCU, gioca un particolare asso nella manica, sfruttando a suo vantaggio l'impatto che questo stesso genere ha avuto negli ultimi vent'anni, se non di più.

Quanti cinecomics abbiamo visto ad oggi? Quanto i supereroi hanno permeato l'attuale immaginario? Quanta rilevanza hanno avuto queste produzioni sinora? Ancora ci stupiamo di vedere tizi fare cose assurde o presentarsi in scena in costumi stravaganti?

Direi non tanto, non più come prima, anzi è forse tempo di pestare davvero il piede sul pedale. Perciò Gunn parte in quarta, e magari qualcuno potrebbe ritrovarsi ad inseguire la corriera per riuscire a salire a bordo, ma in generale, con il giusto mood e un bel secchiello di popcorn a corredo, ci si può divertire con questa corsa.

Un Superman che ci racconta dell'essere umani, del vedere il buono, del cadere e del rialzarsi, dell'aiutarsi e saper parlare col cuore. Insomma, quello che ha sempre raccontato.

Magari non il film che molti volevano, ma il cine-fumetto che desideravo e anche di più, perchè mi ha trasmesso sincero entusiasmo, cosa che la controparte da tempo fatica a fare.


E chissà, magari ci sarà anche chi, dopo aver alzato lo sguardo in alto, dopo lo poserà sulla più vicina fumetteria (che le edicole ormai...) e deciderà di prendere un albo a fumetti con in copertina quell'Azzurrone sorridente e col ciuffo ribelle!


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