THUNDERBOLTS*

 

I Sacrificabili.

Quelli in cui non credeva nessuno e poi finisce che ti salvano la faccia: che THUNDERBOLTS* (mi raccomando l'asterisco) partisse non dico bene, ma leggermente in salita direi che è cosa nota, dato poi che per molti questi personaggi erano solo figure di contorno, ripescati da angoli bui di continuity e di cui onestamente ci importava poco di cosa gli fosse accaduto.

A parte forse per la Yelena di Florence Pugh, un poco per carisma dell'attrice, un poco perchè il suo cameo in "Hawkeye", dopo gli eventi di "Black Widow" è una di quelle cose che ci è rimasta nel cuore, tra ascensori e maccheroni al formaggio.

Senza contare che, per la maggior parte di quelli che non aprono un fumetto manco sotto tortura, chi fossero questi "Thunderbolts" era il solito annuire da social, quando dai ragione a qualcuno ma poi dentro di te continui a chiederti "Ma di che accidenti sta parlando?".


Quando poi sono usciti i primi Trailer, era come sentire un vago sentore di "Suicide Squad", quella di David Ayer senza il "The", e non solo per la presenza di David Harbour in entrambi: un gruppo di personcine non proprio a modo contro una minaccia più grande di loro dai poteri quasi invincibili - doppia personalità di una persona fragile - messi assieme da una tizia anche lei in odor di onnipotenza, ma nel senso di delirio, ammanicata coi meglio poteri forti del governo e che agisce solo seguendo le sue regole (ovvero la Valentina Allegra de Fontaine di Julia Louis-Dreyfus, con la Geraldine Viswanathan di "Miracle Workers" e "Drive-Away Dolls" al seguito come assistente che assiste).


Poi però finalmente Yelena, Bucky, Red Guardian, US Agent, Taskmaster, Ghost e Bob (ovvero Pugh, Sebastian Stan, David Harbour, Wyatt Russell, Olga Kurylenko, Hannah John-Kamen e Lewis Pullman) sono arrivati in sala, e molti dubbi sono andati a farsi benedire, perchè saranno anche una squadra male in arnese, ma sono sul grande schermo con nessuna intenzione di immolarsi sull'altare delle tante cose zoppe del MCU recente.

In primis, proprio quel paragone di cui sopra, spazzato via praticamente da subito, per fortuna, costruendosi una sua identità, lavorando sui caratteri e sul loro carisma, portando in scena, nascosti dietro il fumettoso, dei super-problemi che avrebbero reso fiero Stan Lee, che di questo mantra, per i suoi supereroi, ne ha sempre fatto vanto e fortuna.


Tematiche come la depressione, quel senso di vuoto - letteralmente - che ti inghiotte e che non puoi mettere KO con uno schiocco di dita, ma piuttosto cercando di venire a patti con la tua solitudine, trovando la forza per accettare quella mano tesa e lavorare insieme.

È questo che conferisce a "Thunderbolts*" il suo vero asterisco: c'è un cuore grande nascosto dietro quei caratteri ruvidi e letali, dietro il saper sparare e lottare. Ci sono personaggi con cui è facile empatizzare, la vera chiave per il successo, sia dei fumetti che di questi film. Alla fine gli eventi sono eventi in quanto tali, ma è l'unione, l'amalgama, le iterazioni che danno al pubblico la possibilità di entrare a gamba tesa nella storia. E qui non mancano per nulla.


C'è persino il metatesto, i Marvel Studios che si guardano allo specchio e vedono cosa è rimasto da "Endgame", dalla scomparsa degli Avengers propriamente detti, quali rovine un poco traballanti sono rimaste in piedi in questi cinque anni, tra produzioni lontane da quella perfezione che ci si sarebbe aspettato, tanti esperimenti e tentativi di trovare nuovi beniamini per quel pubblico che ha paura per il futuro, che sia narrativo o cinematografico.


Così pesca appunto da questi personaggi, introdotti in altri film o miniserie per DisneyPlus, li costringe a cooperare contro un nemico spettacolare quanto debitamente inquietante, e soprattutto, forse veramente per la prima volta in tutto questo tempo, inizia a tirare quei fili sulla grande lavagna, che sta a vedere che forse qualche nodo va persino a formarsi.


Quando, nella mia recensione per MegaNerd di "Black Widow", scrissi di come in realtà il film andava a sacrificare il palcoscenico solista della sua eroina titolare per "introdurre nuovi personaggi che in futuro avranno ruolo di spicco, aprendo di fatto le porte a ciò che domani finirà per emozionarci ancora", ammetto che, con una fiducia spericolata quanto Florence Pugh che si lancia alla Tom Cruise dal secondo edificio più alto al mondo, non mi sbagliavo.

Finalmente, quel Futuro sembra fare capolino, quel post "Endgame" sembra trovare una scintilla da far brillare, e difatti "Thunderbolts*" punta tutto o quasi proprio su Yelena, perchè in "Black Widow" era proprio lei a rappresentare quel Domani, qui pronta a raccogliere quel testimone che in passato era stato di Natasha, ossia essere il cuore pulsante.


Pugh si fa carico del film sulle sue spalle, aiutata da Lewis Pullman per la componente drammatica e da David Harbour per la nota lieta, quel sorriso che genera la risata ma in particolare stempera la tensione o l'eccessiva oscurità verso cui si potrebbe andare a finire.

"Thunderbolts" punta principalmente su loro tre, anche a discapito degli altri - forse solo US Agent riesce a spiluccare un poco di quella profondità - e Sebastian Stan, conscio di quanto lo scopo sia proprio mettere in luce questi protagonisti, fa quello che fanno i bravi attori: sa rimanere sotto i riflettori, ma anche farsi leggermente da parte quando necessario.


Ne risulta così un pregevole cinecomic, che come i suoi personaggi, non è perfetto, alle volte è grezzo e spiccio e non va manco troppo per l'artistico sottile - la regia di Jake Schreier (tanta TV, tra cui "Beef - Lo Scontro" di Netflix) fa il suo dovere - ma sa cosa fare per portare a casa la partita. Qui e là si perde in un ritmo di cose troppo convoluto, gli avvenimenti si sviluppano in poche ore e qualcosa non respira come potrebbe, ma ci si diverte. Un sacco.

Ed in fondo, da questo tipo di cinema, è quello che vogliamo, senza stare lì troppo a guardare... esatto, per l'artistico sottile. Vogliamo tifare per dei bei personaggi, per i quali ci importa, che ci piace vedere sullo schermo e conoscerne i destini, cosa che, nel MCU, con tutto il bene e la buona volontà, stava iniziando a mancare.


C'è persino il piacere di aspettare la scena post-credits con la giusta emozione, ripagata sia per lunghezza e contenuto (intendo proprio quella alla fine dei titoli di coda, non alzatevi), trasformando quell'asterisco in un punto esclamativo!



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