ANCORA UNO POI BASTA - Marvel's The Punisher


Dovere. Rabbia. Onore. Tradimento. Famiglia. Vendetta. Punizione.
Sei un soldato. Sei un combattente. Sei un'implacabile macchina di morte.
Qualcuno potrebbe persino dire che ti piace, la verità è che sei uno dei migliori in quello che fai.
Dentro di te c'è come un'oscurità, latente e rabbiosa, che per quanto si possa scatenare sul nemico, non avrà mai il controllo su di te. Perché tu hai loro.
La tua bella moglie, i tuoi figli. La tua famiglia.
I sacrifici che fai, li fai per loro. Per tornare da loro.
Per svegliarti al mattino, al suono di quel "Buongiorno" così dolce, di quel bacio sulla fronte e di quell'amore così bello, così forte, da far incurvare le tue labbra in un sorriso sincero.
Perché la tua famiglia è tutto per te. La tua famiglia è la tua ancora di salvezza.
Ma un giorno, quell'ancora ti viene portata via, in modo violentissimo, in un modo che mai avresti pensato possibile.
Così ti ritrovi alla deriva, una barca la cui santabarbara sta per esplodere.
Una detonazione accecante, violentissima, come l'epifania che ne consegue.
Come il demone dentro di te che finalmente non ha più nessuno a tenerlo a bada.
Nessuno per cui valga la pena farlo.
Insieme a lui arriva la colpa, perché scopri che se la tua famiglia è morta è per colpa tua, delle tue azioni.
Di ciò che hai fatto in guerra, degli ordini ricevuti ed eseguiti.
Di come TU sia la causa della loro morte.
E' ciò che ti tormenta, è ciò che ti divora, è ciò che speri di placare con la vendetta.
Ti dipingi un teschio sul kevlar, come un imponente monito per coloro che affronterai.
La morte sta arrivando.
Ma una volta portata a termine la tua vendetta, una volta conclusa la tua caccia, cerchi allora di darti pace, di bruciare quel teschio e tutto ciò che si porta dietro.
Inizi a lavorare sotto falso nome in un cantiere, tutto il giorno a buttare giù a mazzate muri, a colpire e distruggere. E' la tua specialità, in fondo è la tua stessa natura.
Colpire, distruggere.
Ma la colpa è sempre lì, che si mischia al ricordo, al rimpianto e al rimorso.
Bussa. E ancora bussa. Un suono sordo, secco, come di una mazzata sul muro.
BOOM. Buongiorno. BOOM. Ben svegliato. BOOM. Dormiglione. BOOM.
Ti tieni in disparte, ti fai i fatti tuoi, ma la vita ha un modo ben strano di lasciarti in pace.
Difatti non lo fa, e succede che una notte, per una buona causa certo, lasci nuovamente libero il demone, lo porti a spasso, lasciandogli fare quello che sa fare meglio: punire.
Ma qualcuno ti cerca, Frank. Qualcuno che ha bisogno del tuo aiuto.
Perché la vendetta non è conclusa. Perché c'è ancora del marcio sotto il quale scavare.
Del marcio che ti ricorda costantemente ciò che hai perso, ciò che non tornerà più, di come le tue azioni hanno portato il Male, di come quel male sia dipeso da chi te l'ha ordinato, da chi deve pagare, per placare ancora una volta quel desiderio di morte.
Una morte che cala impietosa sui veri cattivi della storia, una morte che ha il tuo nome.
Tu sei Frank Castle, e questa è la tua storia.


Quando, nella seconda stagione di Daredevil, comparve per la prima volta il personaggio di The Punisher, due cose colpirono subito l'attenzione: l'assoluto phisique du role di Jon Bernthal nel ruolo e il fatto che, per quanto assonante, quel personaggio sullo schermo suonava una variante della canzone suonata in tante pagine a fumetti.
Era un Frank Castle, rabbioso e feroce certo, motivato sulla strada di una violenta caccia all'uomo certo, ma in qualche modo distante e più aderente alla realtà della sua controparte a fumetti.
Quello che era certo è che ne fummo tutti conquistati, al punto da convincere Netflix a dedicargli una serie solista quanto prima.
Così eccoci qua, a recensire la prima stagione del serial tutto dedicato a The Punisher, il Punitore.
Mettendo in chiaro una cosa: quella che vedrete in queste tredici puntate non è la versione del Punisher che molti si aspettano, e per diversi motivi.
Uno su tutti, la crociata di Frank a mafiosi e boss, in questa prima stagione perlomeno, non esiste.
La sua guerra contro il crimine viene completamente dissolta, mettendo il toro imbizzarrito lungo un percorso di vendetta, calcolato, mai fine a sé stesso.
Questo perché, alla morte dei suoi familiari viene espressamente dato un movente.
Non come nelle pagine disegnate, dove era frutto di un atto totalmente casuale di violenza.
Qui è invece il risultato di azioni del passato che si sono ripercosse sul presente.
Il Frank Castle di queste tredici puntate, a tratti, potrebbe apparirvi più come un Jason Bourne sotto steroidi che un ammazzasette di professione.
Ma in realtà, l'anima del personaggio, per quanto possa sembrare nascosta, è lì, viva e pulsante.


La sceneggiatura lavora di fino sopra un unico punto essenziale: la Colpa.
Quel dolore costante e sordo che non smette di accompagnare Frank e noi spettatori.
Tutto si sviluppa e avviluppa intorno al concetto chiave di tutte le serie Marvel Netflix, ossia che siamo in un universo condiviso, con le sue regole, in un discorso improntato più sui caratteri che sulla mera spettacolarizzazione.
Quindi niente cartooneschi bagni di sangue, proponibili solo sulla carta, ma qualcosa che rimane tra il ragionato e il violento, al limite ma mai estremo.
Le poche ma ottime scene di azione sanguinaria sono realizzate con efficacia, in un lavoro che sottrae in spettacolo grandguignolesco ma aggiunge in termini di storia.
C'è un plot costruito magnificamente, siamo ai livelli delle prime due stagioni di Daredevil.
Raramente capitano tempi morti e la storia scorre ed appassiona piano piano, mostrandoci un flusso di eventi che va oltre il solo spara-spara, ma prova a costruire delle fondamenta.
Ci mostra un percorso che forse successivamente potrà portare al Frank giustiziere, ma per il momento punta l'obiettivo su un uomo che ha sofferto, che soffre e che, sepolta sotto la polvere da sparo, ha una forte volontà di fare ciò che è giusto.
Certo, non nascondiamoci dietro ad un dito, mostrare il Frank giustiziere di criminali poteva essere un'arma a doppio taglio per Netflix, mostrare un personaggio che si basa solo sulla violenta e perversa idea di Giudice, Giura e Boia in termini televisivi poteva suonare troppo pericolosa.
Da qui la volontà di conferirgli un'anima più smussata, alla ricerca di nuove sfaccettature, cercando per quanto possibile di rimanere fedeli al suo spirito, senza cambiarlo troppo.
Non a caso, anche qui torna la figura di Karen Page, dal mondo di Daredevil, in quel fil rouge da universo condiviso di cui sopra, ma anche perché Karen è quel tipo di personaggio, forse necessario forse no, che riesce a spingere uno come Frank all'angolo, a mostrargli un tono di colore della morale che non sia solo il rosso della furia.
Perché per quanto viscerale, per quanto una parte di noi possa apprezzare questo risolutivo modo di agire, la giustizia elargita da Castle non è mai Giustizia.
E questo è forse il rimando più prezioso, il memento che non deve mai mancare.


Questa dualità, questa zona d'ombra di estremo grigio viene esplicata appieno nel personaggio secondario più bello visto in tutte le serie Marvel Netflix.
Modificato quasi di sana pianta rispetto alla controparte a fumetti, il Micro di Ebon Moss-Bachrach è un personaggio realmente a tutto tondo.
Un uomo che è legato alla sua famiglia, che vuole agire e rivalersi per ritornare da loro, usare la Legge per ottenerlo, ma per farlo deve anche necessariamente accettare che un uomo come Frank può spingersi a quel limite che lui non ha il coraggio o la forza di poter oltrepassare.
Questo parallelo tra Frank, che ha perso la sua famiglia, e Micro, che invece ancora la possiede, per quanto i suoi lo credano morto, è uno degli aspetti più umani e meglio definiti.
Tutte le parti in cui Frank, su richiesta del suo nuovo compare, va a trovare, con una scusa o l'altra, la famiglia di Micro sono inizialmente stranianti, nell'economia di una serie d'azione, ma in realtà creano un cortocircuito empatico di rara finezza, con una "vedova" che la sua interprete Jaime Ray Newman (tanto bella quanto brava) ci restituisce carica di una realtà che quasi ci si dimentica che siamo di fronte ad un serial tratto dai fumetti di un antieroe.
Perché il secondo leit motiv della serie è quello della Famiglia.
Delle due famiglie di Frank, quella casalinga e quella dell'esercito.
Della famiglia di Micro, specchio perfetto di quella persa dal protagonista
Della famiglia di fratelli in armi, dentro la quale si nasconde il marcio, un marcio che distrugge anche quel misero appiglio a cui Frank era arrivato ad aggrapparsi, lasciandolo senza più sole certezze.
Una famiglia, questa, che di fatto distrugge l'altra, arrivando poi ad annichilirsi, ad annullarsi.
Dalle loro ceneri ardenti ne nascerà una terza, più sfaccettata, certo, ma in qualche modo capace di far capire a Frank che un uomo giusto e buono può ancora sperare di trovare umanità e, perché no, comprensione intorno a sé.
Forse non la redenzione sperata, ma una sua alternativa sì.
C'è poi un terzo elemento, che rimane secondario, ma che avrà ad un certo punto il suo peso, quando si tratterà di riannodare tutti i fili.
La Guerra vista nel suo dopo, nel racconto di reduci che hanno dato tutto in nome di una Patria che poi li ha abbandonati a sé stessi, di una Nazione che ai loro occhi appare irriconoscente del sacrificio che hanno fatto.
Non per le cicatrici fisiche di un arto amputato o del colpo di un'arma da fuoco, quanto di quelle dell'anima, di quel vuoto che quell'Inferno ti marchia dentro e non vuole o non è possibile cancellare.
La sottotrama del giovane reduce in questo senso è ancora una volta uno snodo importante per capire, in parallelo, ciò che ha portato Frank al punto in cui è ora.
Capire la differenza tra l'imbracciare le armi e puntare verso un obiettivo oppure usarle solo per far sentire la propria voce, per esternare il proprio personale dolore, non riuscendo a trovare le parole per farlo, per incanalare quel sentimento di assenza che dilania ogni fibra del nostro nuovo vivere.
Il finale poi, lascia la strada volutamente aperta per un seguito, sia per quanto riguarda la nascita di un villain che i fumettofili riconosceranno immediatamente, sia per quanto riguarda Frank, ad un nuovo importante momento di bivio per la sua vita, rendendo inevitabilmente curiosi su come si svilupperanno le prossime puntate.


In chiusura, comunque, è bene precisare che per quanto frutto di un parallelo distorto, i richiami ai fumetti, doverosi e necessari, ci sono e anzi, personalmente, ammetto che è stato un bel vedere come sono stati funzionalmente modificati, al punto da risultarne beneficiati, per certi versi.
Netflix, almeno a questo primo giro di giostra, vince la sfida, riesce a consegnarci una serie ben realizzata che, come detto, si pone immediatamente dietro le prime due stagioni di Daredevil, sinora quasi inarrivabili per i canoni di una serie TV basata sui fumetti, e notevolmente distante, quindi, dalle zoppicanti Jessica Jones e Luke Cage e anche rispetto al sufficiente Iron Fist.
Un Frank Castle promosso sul campo, quindi.
Un Frank Castle che si è conquistato il suo posto in questa trincea che è la serialità televisiva.
Certi che, quando scenderà nuovamente in campo, saprà ancora una volta fare centro.
(e sì, ora la smetto con le metafore militari!)

MARVEL'S THE PUNISHER, la prima stagione completa disponibile su Netflix.
Tratto dal fumetto Marvel Comics
con Jon Bernthal, Ben Barnes, Ebon Moss-Bachrach, Amber Rose Revah, Deborah Ann Woll, Jaime Ray Newman.

Vi ricordo che IL NERDASTRO è anche su:
FACEBOOK: https://www.facebook.com/IlNerdastro/
oppure
TWITTER: https://twitter.com/Il_Nerdastro


Commenti

Post più popolari