IO LEGGO FORTE - Maxi Zagor "I Racconti di Darkwood"


Sperimentare.
Esiste un verbo più insidioso di questo? Allontanarsi dai sentieri consoni per arrischiarsi in territori o tematiche a noi sconosciuti, andare oltre la consuetudine a cui ci siamo abituati e che troviamo così confortevole. Poche cose, nella vita, fanno altrettanto paura.
Così come per la lettura di un fumetto, per quel canonico ritrovarsi in schemi ben precisi e riconoscibili, dal quale raramente amiamo distaccarci.
Come ci viene ricordato anche nella prefazione di questo "malloppone", il numero 31 della collana Maxi Zagor, questi "Racconti di Darkwood" rappresentano, in 56 anni di vita editoriale dello Spirito con la Scure, una vera e propria prima volta.
Mai era accaduto difatti di provare ad imbrigliare l'anima avventurosa del personaggio nell'arco di poche, veloci pagine, cercando al tempo stesso di non snaturarne l'epica.
Come se non bastasse, questo esperimento presenta anche delle novità, intese come sceneggiatori ed illustratori totalmente inediti sulle pagine di Zagor.
Abbiamo difatti le prime due donne a cimentarsi in assoluto con il nostro eroe: la disegnatrice Lola Airaghi e la sceneggiatrice Gabriella Contu.
Abbiamo il padre dello splatterpunk italiano, Paolo Di Orazio, i disegnatori di Nathan Never Romeo Toffanetti e Dante Bastianoni, tutti al loro esordio sule pagine del Re di Darkwood.
Insomma, le grandi premesse per rendere memorabili questi cinque racconti (tanti infatti ne contiene l'albo) ci sono tutte, ma possiamo però parlare di esperimento pienamente riuscito?
Per capirlo è necessario analizzare una per una le cinque storie, a cominciare dalla cornice che le racchiude tutte, una sorta di fil rouge lungo cui corrono questi "Racconti di Darkwood".

Scritta da Moreno Burattini per i disegni di Raffaele Della Monica, è quanto di più tradizionale si possa trovare sulle pagine di Zagor.
Il nostro eroe e il suo panciuto amico Cico stanno facendo ritorno alla loro capanna nella palude, quando ecco che un misterioso segnale di fumo, una richiesta di soccorso per un uomo inseguito da indiani Cayuga, spinge i nostri ad una deviazione forzata. Un incontro inatteso con una vecchia conoscenza e eventi di sorte avversa costringeranno i nostri a far passare il tempo intorno al fuoco raccontando delle piccole avventure, degli episodi del passato, più o meno remoto.
Ed è proprio la vecchia conoscenza di cui sopra a intessere la prima storia, ambientata in un tempo in cui Zagor ancora stava facendo emergere la sua leggenda e non aveva ancora incontrato Cico.
"Il mio nome è Banack" (e così addio al mio infelice tentativo di non fare spoiler) vede ai testi quel Marcello Toninelli, il vecchio curatore della testata che qui chiude un cerchio lasciato aperto circa trent'anni prima, nella storia "Il battello degli uomini perduti". Ai disegni un energico e funzionale Toffanetti. Il racconto scivola via, anch'esso nel solco della tradizione zagoriana, e vista la natura dell'accaduto non poteva essere altrimenti. Forse sul finale ci si concede di essere un tantino frettolosi, anche in un particolare dettaglio, ma nel complesso assolutamente perdonabile.
Ancora una parte di cornice (anche qui un riferimento decisamente marcato ad un'avventura del passato), e stavolta tocca al titolare narrare una nuova storia dal titolo "Memorie dal Passato".
Ma Zagor non ne è il protagonista, anzi.
Lui e Cico sono solo mere comparse, a ben guardare, perché il racconto imbastito da Gabriella Contu è in realtà il resoconto di una lettera che i nostri ritrovano per caso, scritta cinquant'anni prima da un soldato durante la Guerra d'Indipendenza. Questo lungo flashback è l'occasione per Marcello Mangiantini di realizzare delle interessanti tavole in mezzatinta, che ben si accordano con il tono della storia narrata in quei fogli sopravvissuti al tempo. Un racconto che mi ha ricordato certi feuilleton storici del fumetto francese e che si chiude con un finale a sorpresa che non sacrifica in efficacia l'impianto narrativo. Insomma, un primo vero pizzico di sperimentazione.
Anche il terzo racconto vede lo Spirito con la Scure narratore.
Una storia horror, questa volta, in totale tono con la serie che, come i lettori appassionati sanno bene, spazia nei più ampi generi che l'Avventura può offrire.
L'orrore è appunto uno di questi.
Paolo Di Orazio scrive una piacevole novella del terrore con un antico monastero, un monaco pazzo e il vortice della sua follia, destinati a far passare a Zagor e Cico una notte da ricordare.
Il punto forte, come nella precedente, sta nel disegno. Un Gianni Sedioli che scardina la consuetudine della "gabbia" bonelliana e ci consegna tavole dinamiche, che cercano di non lasciare che nulla nel racconto possa perdersi, sfruttando appieno le pagine a disposizione (basti vedere come esempio pag. 150-151).
Stavolta, dopo l'ennesima parentesi, ecco che tocca al pingue messicano ricordare di una vecchia avventura, in quello che, dal titolo "Sette Passi", può essere considerato come l'episodio più debole di tutta la baracca. Luigi Mignacco ai testi e Dante Bastianoni ai disegni ci regalano infatti la versione zagoriana di "Mezzogiorno di Fuoco", con tutto il carico citazionista del caso, dalle fattezze di Snake, il pistolero che sfida il nostro eroe a duello, agli attimi precedenti quel dodicesimo rintocco della campana, scanditi con un senso del cinema certamente riuscito in termini di ritmo, ma non in quelli della memoria. Difatti suona tutto talmente posticcio e artefatto che è il racconto meno avvincente tra quelli proposti, anche per via della brevità, che in questo caso ha davvero limitato il tutto.
Non parlo poi della pagina finale, con la battuta più triste mai sentita.
Arriviamo così alla storia conclusiva che, lasciatemi dire sin da ora, è il motivo per cui la struttura di questo Maxi Zagor ha dimostrato tutte le sue potenzialità future.
Ancora al testo Moreno Burattini che, saggiamente, costruisce la narrazione tutta sul tratto ricco, in termini di stile e chiaro scuri, di Lola Airaghi, che disegna un memorabile Zagor.

La storia è veloce, insolitamente cupa e si svolge davvero su un temporale filo di lana. Ma è al tempo stesso carica di elementi, dal racconto dell'indiana incinta (duro e costruito con una composizione della tavola che ricorda la tessitura di una tela indiana - pag.234-245) sino alla risoluzione finale contro il cattivo di turno, chiosa perfetta, che non lascia fuori nulla, ma anzi rende pienamente onore alla sua natura di racconto breve e sperimentale.
A questo punto, sta alla storia di cornice chiudersi su sé stessa e scrivere la parola "Fine" a tutto il malloppo di pagine.
Quindi, alla resa dei conti, possiamo parlare di un primo esperimento riuscito?
Personalmente, dico sì. I lettori zagoriani più esigenti potranno dirsi soddisfatti, chi continua a cercare sperimentazioni sarà accontentato, anche solo in parte, forse, ma comunque il tentativo riesce nell'impresa di invogliare nella lettura e di vedere questa formula ritornare prossimamente (un nuovo "I Racconti di Darkwood è infatti già in lavorazione). Ma sopratutto ancora una volta a vincere è stata la duttilità del personaggio Zagor, sempre a suo agio nei canoni e nei generi più disparati, e il mio personale augurio di lettore è che questa sperimentazione alzi, al prossimo giro, ancora di più l'asticella, portando il Re di Darkwood verso nuovi, inesplorati territori, sia narrativi che visivi.
Sempre nel segno della pura Avventura.

MAXI ZAGOR "I RACCONTI DI DARKWOOD"

Scritto da: Moreno Burattini, Marcello Toninelli, Gabriella Contu, Paolo Di Orazio e Luigi Mignacco.
Disegnato da: Raffaele Della Monica, Romeo Toffanetti, Marcello Mangiantini, Gianni Sedioli, Dante Bastianoni e Lola Airaghi.

Disponibile in tutte le edicole.
288 pagine, B/N, 6,90€

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