IO LEGGO FORTE - Dylan Dog N° 372 (Il Bianco e il Nero)


Quando le prime 24 pagine di questa storia vennero pubblicate un anno fa, nel primo numero della collana allegata alla Gazzetta "Il Nero della Paura", fu chiaro a tutti che c'era un forte senso d'incompiuto. Come se la storia non fosse conclusa lì, come se fosse solo un lungo incipit per una narrazione più lunga.
Così in effetti è stato, quella storia breve altro non era che una inedita anticipazione di un albo che avrebbe calcato le edicole più di un anno dopo.
Così rieccoci a leggere nuovamente queste pagine, un lieve adattamento pro continuity nella seconda vignetta a pagina 8, e finalmente il quadro di ciò che Paola Barbato e Corrado Roi volevano raccontarci si dipana davanti a noi in tutto il suo tetro fascino di favola nera.
Perché è questo che è "Il Bianco e il Nero": un'affascinante favola, che conserva con il genere tutto un senso e una struttura di fondo.

Se dopo averla letta infatti, provate a pensarla in prosa, come se la steste raccontando ad un pargolo, vi rendereste conto che in fondo il gioco sulla cui architrave si fonda la storia è tutto in questo semplice concetto, la bicromia tradizionale bonelliana che diventa la vera forza ed essenza della storia.
E se c'è una cosa che la Barbato e Roi in tandem hanno dimostrato di saper costruire è proprio la favola nera. Il loro "UT" ne è la prova lampante e infatti ancora una volta, ai disegni, ritroviamo un Roi ispiratissimo da queste ambientazioni e tematiche, le tavole di questo numero sono piene di quei neri e di quelle tinte che lui sa padroneggiare come pochi altri.
Certe tavole, come quelle delle pagine 22, 25, 46, 56 e l'evocativa splash page di pagina 69 ne sono chiara dimostrazione d'intenti.
Ma come il fulcro della storia, anche nel bianco Roi sa colpire con una zampata precisa: lo dimostra pagina 36, un'altra splash page, di diritto la tavola migliore di tutto l'albo, solo in apparenza semplicistica. Quegli occhi, quell'uso delle ombre e dei neri sono puro spettacolo.

Ma se questa storia è una favola, seppur nera, dovrà per forza di cose contenere anche una propria morale, giusto? Esatto, perché, nonostante intorno alla metà della storia sembra quasi che la Barbato stia solo cercando di prendere tempo, in realtà sta preparando il terreno per l'entrata in scena di una dama con cui il nostro Dylan intesse uno stretto rapporto da tanto, troppo tempo.
E la sua apparizione rende chiaro il sottile messaggio che si vuole mandare al lettore: i tempi sono cambiati, ci siamo assuefatti a certe tematiche, ad un certo tipo di orrore, ad un meccanismo della paura che ormai non ci basta più, ne vogliamo ancora e ancora, ricercando un brivido antico che non potrà tornare. Forse un messaggio a tutti quei lettori che anelano un ritorno al vecchio Dylan non capendo che il vecchio Dylan non potrebbe mai essere lo stesso perché non lo siamo più neanche noi? Che quella paura si è fatta altra, che quel brivido oggi si è necessariamente mutato in qualcosa che stentiamo a riconoscere, persi nell'annosa ricerca di qualcosa di più forte ed inebriante?
Forse sì, forse no.
Quella è una risposta che sta a noi trovare tra le pieghe della pagine, in quel bianco tra una vignetta e l'altra. Non sta neanche alla Barbato fornircela, a lei sta solo raccontare di come Dylan sia un uomo, come tutti, affetto dalle proprie dipendenze. Un Dylan che ha combattuto l'alcolismo, ma che al tempo stesso ha sostituito il bere con qualcos'altro, qualcosa di più intimo ed intrinseco nel suo stesso DNA. Un Dylan con cui l'autrice mostra una sorta di romantica ironia, prendendosi gioco del suo carattere e del suo fascino con le donne, altro grande topos Dylaniato.

Una bella storia, questa "Il Bianco e il Nero". Come ho già detto, quando la Barbato e Roi lavorano insieme, in qualche modo, riescono a regalare al lettore una lettura che scorre, non annoia, a tratti diverte persino, e che le tavole di un grande disegnatore rendono a suo modo degna di un pizzico di memoria in più.
Perché, in fondo, anche noi lettori di DYD viviamo nella paura: quel brivido, sottile ma ormai assuefatto, che ancora una volta abbiamo speso i nostri soldi per un albo non davvero all'altezza.
Non è questo il caso, credetemi.



Dylan Dog n°372 - Il Bianco e il Nero
Sceneggiatura di Paola Barbato
Disegni di Corrado Roi


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