IO LEGGO FORTE - Dylan Dog N°373 (La Fiamma)


Raccontare il tempo presente.
Una cosa che a Dylan Dog è sempre riuscita bene, come i lettori di vecchia data sanno.
Una caratteristica dell'ossatura del personaggio che si era andata a perdere, complice una gestione non particolarmente felice.
Ora, con Roberto Recchioni al timone della gestione, ecco che il nostro Old Boy di Craven Road tenta, lentamente, di riprendersi quel ruolo di specchio riflesso del nostro quotidiano, di latore di messaggi che attraverso l'orrore portino il lettore a riflettere.
Sicuramente, da atavico lettore, una delle mosse di questo nuovo corso che sto apprezzando di più.
Perché lentamente, la rivoluzione sul personaggio Dylan Dog sta mostrando le sue carte, si sta cementando mattone dopo mattone e lo dimostra la qualità degli ultimi albi proposti.
Non fa eccezione questo "La Fiamma", scritto in maniera brillante da Emiliano Pagani e disegnato con mestiere da Daniele Caluri.
Dopo il claudicante n° 339 (Anarchia nel Regno Unito) e il surreale, dagli echi Sclaviani, n° 370 (Il Terrore) ecco che tocca a "La Fiamma" portarci dentro il cuore della cronaca.
Basta accendere un qualsiasi telegiornale in questo periodo, per vedere in questa storia qualcosa di estremamente attuale e dal corso altamente profetico e la copertina di Gigi Cavenago non è mai stata cosi efficace e fedele al contenuto.
Come lo stesso redazionale che introduce l'albo sottolinea, il rapporto di Dylan con le forze dell'ordine è stato sempre abbastanza conflittuale.
Egli stesso agente, ha poi mollato Scotland Yard per l'incompatibilità tra il mantenere l'ordine e lottare per ciò che è giusto, perché sono due aspetti che nella realtà mal coincidono, e per un idealista come Dylan è qualcosa che rappresenta ben più di un semplice dilemma.
E il Dylan Dog che ritroviamo in questa storia è quello idealista, appunto. Quello che vorrebbe che ancora oggi, nonostante la violenza che dilaga come un fiume nelle strade, si cercasse una soluzione non violenta, che metta i giusti puntini sulle "i".
Ne è un esempio, tra i tanti, il dialogo a pagina 37. Tutto giusto, tutto esatto, nel ragionamento di Dylan, come pesante nella sua freddezza, la risposta della ragazza che arriva subito dopo.
Ed è quello che muove le fila del discorso, la lenta consapevolezza che il sistema si sbaglia, si sbaglia nell'affrontare il fuoco col fuoco sino al punto che non si sa più dove stia la parte giusta della barricata. Il lento avanzare di un orrore senza volto e senza nome mosso solo dall'indifferenza e dal vampirico desiderio di violenza, di portare odio come benzina su una fiamma libera.
Il poliziotto simbolo di questa storia, con quel suo casco 407, quel suo incedere come fosse un cattivo da film slasher, quel suo inseguire Dylan come un cacciatore la preda, diventano pura e classica metafora di tutto ciò che lentamente corrode gli ideali delle persone pure, di chi ancora crede in un modo pacifico per ribellarsi all'abuso riportando l'ago della bilancia nella direzione giusta.
E' un Dylan realmente inserito nel tempo moderno, quello di questa storia, un Dylan che si muove, ancora fedele ai suoi principi e al suo stile, ma in una cornice stavolta meno eterea, più presente.
Un Dylan che risponde, istintivo e rabbioso, come quello di pagina 30, altra mossa interessante ed incisiva di questa sceneggiatura, mostrandoci un carattere di totale empatia, con un eroe che non accetta critiche infondate, di sentirsi dire che non fa abbastanza, quando questo abbastanza sembra solo far rima con violenza e caos incontrollabile.
Un albo, "La Fiamma", che letto in una certa ottica mette paura.
Quella paura messa in scena dai rappresentanti della legge, coloro che dovrebbero proteggerci, che dovrebbero essere detentori di una più alta bussola morale.
Invece diventano la minaccia più oscura, quella più subdola, quella che ci pugnala alle spalle, mischiandosi a chi davvero crede in questa missione, in questo ruolo, che lo porta avanti ogni giorno con animo e spirito di sacrificio.
Forse qualcuno potrà tacciare questa storia di essere semplicistica, di mettere solo in fila degli eventi, seppur ritmati e coinvolgenti nella lettura, senza davvero colpire mai nel segno.
Sbagliando. Perché se alcune soluzioni visive possono suonare artificiose, come il casco/televisore di pagina 59, in realtà centrano appieno l'obiettivo di mostrarci il riflesso della nostra stessa catena, quel virale concentrarsi su uno schermo dimenticando tutto il resto, persino che è l'arma migliore che abbiamo, se non fossimo così concentrati sui fagioli nel barattolo.
Il finale poi è emblematico il giusto, non da soluzioni di sorta, facili o meno che possano sembrare, e non si propone neanche di farlo. Il problema rimane, nel mondo reale, sta solo a noi esserne consapevoli e rifletterci sopra. Un albo interessante, che merita un piccolo plauso.
La direzione continua a sembrare quella giusta, sperando che quest'onda positiva di storie per Dylan Dog continui e vada sempre più ad infoltirsi. Come una fiamma che continui ad ardere sempre più dirompente (scusatemi, ma il gioco di parole ci stava a pennello).

DYLAN DOG N°373 (La Fiamma)
Scritto da Emiliano Pagani e disegnato da Daniele Caluri

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