ANCORA UNO POI BASTA - Mindhunter


Serial Killer.
Provate a pensarci per un attimo.
Esiste concetto criminale più affascinante?
Si, avete letto bene, ho scritto "affascinante".
Perché il concetto stesso di Assassino Seriale esercita su di noi una fascinazione difficile da spiegare.
Molti ci hanno provato e ci provano, le teorie sono molteplici.
Non ultima quella dell'abisso che ci guarda quando noi guardiamo lui.
Naturalmente questa introduzione serve a rendere chiaro il primo motivo di attrattiva per guardare la serie Mindhunter proposta da Netflix. Il primo e quello più ovvio.
Il secondo, se siete di quelle persone che hanno bisogno del nome altisonante sulla locandina per essere attratti da qualcosa, è che la serie vede tra i produttori esecutivi David Fincher, il famoso regista, che di serial killer ben s'intende, dato che ha diretto due capolavori come Seven e Zodiac.
E Mindhunter si rifà proprio a quest'ultimo, quasi come ne fosse la naturale propagazione.
Fincher dirige l'incipit e la parte finale di questa prima stagione, dandone da subito chiara direzione stilistica e impronta narrativa.
Ma il terzo motivo, quello meno palese sulla carta, ma più evidente al termine delle dieci puntate è che Mindhunter è il capolavoro che non ti aspetti, la perla che quasi non ha bisogno di essere recensita, tanto è un gioiello che va visto, come vanno viste tutte le cose belle.
Pensate stia esagerando? Forse.
Ma se c'è una serie che v'invito a recuperare senza timor di smentita, è proprio questa.
Non ci sono sbavature nella scrittura di ogni singolo episodio, tutto è curato, nulla è lasciato al caso.
La ricostruzione storica è la più evidente di queste ricercatezze.
Siamo negli anni '70, e quella che ci viene raccontata, mutuandola dal libro "Mind Hunter: Inside FBI’s Elite Serial Crime Unit", scritto da Mark Olshaker e John E. Douglas, è la storia di come sia nato il cosiddetto Profiling, la scienza comportamentale che studia i serial killer.
Il protagonista Holden Ford, giovane agente negoziatore dell'FBI, vorrebbe studiare con un differente approccio il comportamento degli assassini a cui l'Agenzia da la caccia, ma come ovvio supporre, i superiori, ligi a doveri e regole prescritte, non vedono di buon'occhio questo tipo di ingerenze.
Sono altri tempi, resti di un'epoca più felice, che ancora non si rende pienamente conto del profondo sconvolgimento culturale a cui sta andando incontro.
A dare man forte a Holden, inaspettatamente, ecco arrivare il veterano Bill Tench, che insieme a lui e alla dottoressa Wendy Carr, arriverà a fondare un vero e proprio studio sui Serial Killer, creandone la definizione stessa.
I tre personaggi sono ispirati ad altrettante figure realmente esistite e i tre attori protagonisti (Jonathan Groff, Holt McCallany e Anna Torv - bentonata!) sono assolutamente impeccabili sulla scena.
La loro recitazione non ha sbavature, ci mostra dei personaggi sin troppo umani, realistici, che vengono colpiti nel profondo dal Male con cui si troveranno ad interagire.


Un Male che li guarda dritto negli occhi, scavando loro dentro senza che quasi se ne rendano conto, mentre loro provano a fare lo stesso.
Mindhunter non indugia sul delitto.
A ben guardare, non ci mostra l'efferatezza, al massimo delle foto della scena del crimine per brevissimi fotogrammi, ma niente più.
Non c'è l'indagine da thriller in senso stretto, non siamo di certo di fronte ad un epigono di Criminal Minds, ma anzi è una ricostruzione che rifugge la spettacolarità, non ne ha assolutamente bisogno.
Lo scopo, infatti, è seguire il viaggio dei due protagonisti principali, la nuova e la vecchia guardia che vogliono lentamente cambiare le cose, che vogliono capire la preda che vanno cacciando.
Noi, insieme a loro, ci addentriamo in questo viaggio oscuro, ne osserviamo debolezze e incertezze, ragionamenti ed errori, quasi fossimo noi spettatori i loro stessi profiler.
Anche noi, con loro, sentiamo quel sottile brivido, quella sottile fascinazione farsi strada dentro di noi, episodio dopo episodio, mentre cerchiamo di comprendere, di trovare vana giustificazione alla follia che questi assassini si portano dietro.
Ci troveremo di fronte al killer carismatico, a quello vizioso e a quello violento.
Ci troveremo di fronte allo squallore di anime umane tormentate, consce nel profondo del loro io di quanto siano profondamente inadeguati e alieni dal mondo "normale" che li circonda.
Non da risposte, questa serie, non ne ha intenzione.
La sua perfezione cristallina è  tutta nel porre le domande, nel piazzarle come i tasselli di un domino, perché, in parallelo, leggermente sfumata dal contesto, ecco svilupparsi un'altra direzione, quella della nascita di un assassino.
Un racconto che si sviluppa naturalmente, seguendo un suo tempo, ad orologeria, mai noioso o buttato via, ma ricco, in ogni singola inquadratura.


Alla fine della prima stagione, si rimane con quel piacevole vuoto che ti lasciano i prodotti seriali di qualità, quelli costruiti in maniera certosina, capaci di calamitare la tua attenzione e di non lasciarla facilmente. Non vedo l'ora di avere davanti la seconda stagione, e in questi tempi di proposte al limite della bulimia televisiva, una uguale all'altra, questo è davvero un pregio notevole.
Come ho detto, stare a leggere recensioni per un prodotto come Mindhunter, è assolutamente inutile.
Tutto ciò che dovete fare è vederla ed entrare anche voi nella mente di un cacciatore.
Con distintivo e senza.

MINDHUNTER
La prima stagione completa (10 episodi) su Netflix.
Con Jonathan Groff, Holt McCallany e Anna Torv.

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