ANCORA UNO POI BASTA - Stranger Things 2


Immaginate di fare un puzzle.
Prendete la vostra bella scatola, vi soffermate per un attimo sul disegno rappresentato, che sarà vostro compito riproporre, aprite la confezione e iniziate a comporre il gioco.
Ora, è quasi una legge universale categorica iniziare dal punto più semplice, quello immediatamente più appagante, ossia dal bordo.
Non c'è gara, non c'è inganno dei sensi. La cornice è da sempre la componente più semplice, quel cammino guida entro il quale poi si andrà ad agire.
Riuscite a farlo senza apparente sforzo.
E' semplice, ma non per questo meno piacevole od importante.
Poi inizia la sfida vera e propria, ovvero iniziare a far combaciare tutti i restanti tasselli sul tavolo.
Allora iniziamo a girarli, a porli davanti ai nostri occhi, iniziando ad osservarli.
Una parte di noi vorrebbe fosse semplice come è stato con la cornice, e ogni tanto, voltando o spostando questa o quella tessera, ritroviamo quella sensazione familiare, quel sottile piacere di vedere due pezzi combaciare con assoluta naturalezza, perché è così che deve essere.
Man mano, prendete una manciata di nuovi pezzi dalla scatola e li gettate sul tavolo.
Li guardate, li ponete di fronte a voi e poi li mettete ancora da parte, certi che torneranno successivamente. Ad ogni nuovo tassello che combacia, se ne aggiunge un altro, che si rifà ad un'altra coppia composta in precedenza e così via, sinché alla fine non avrete ottenuto il disegno completo.
Alla fine vi renderete conto che quel gioco, così semplice, vi sta appassionando, ormai ne siete dentro e difficilmente ne vorrete uscire, ma anzi, mano mano che i pezzi trovano la loro posizione all'interno della cornice, un sorriso compiaciuto inizierà  a manifestarsi sul vostro viso.
Ecco, la seconda stagione di Stranger Things (o Stranger Things 2, se preferite l'idea di un sequel dal sapore cinematografico che quel numero porta con sé) è proprio così.
Un meraviglioso puzzle che inizia solo ora a comporsi, dopo aver piazzato un anno fa la sua cornice.


Venite per gli anni '80, rimanete per la trama!
Potrebbe essere questa l'ideale line-up di queste nove puntate.
Perché se la prima stagione era una trappola acchiappa consensi, che abbiamo adorato proprio per il suo sfacciato essere ruffiano, tra una citazione ed un rimando, la seconda necessariamente deve mettere nuova carne al fuoco, altrimenti è solo un replicarsi, un vuoto a perdere.
Ma, ed è questo che rende davvero una scommessa vinta questo sequel, si è riusciti a trovare il giusto equilibrio tra un leggiadro fanservice e la volontà di ampliare i confini della storia narrata, senza però appesantire il tutto ma anzi mantenendo quella gioviale freschezza che è da subito diventata marchio di fabbrica della serie.
Questi nove episodi scivolano via con la stessa piacevolezza degli esordi, riportandoci ancora ad Hawkins, riportandoci ancora quel profumo di nostalgia anni '80, che però stavolta cerca anche di raccontare, partendo da una maggiore consapevolezza, qualcosa di più, senza strafare, in un senso o nell'altro. Né troppo, né troppo poco.
Il corpo centrale di episodi risponde infatti a questo proposito, rallentando il ritmo quel tanto che basta per mettere in scena un'evoluzione dei caratteri, per innestare un piano consequenziale che ci allontana quanto basta da quello che ci aspettavamo di vedere, per poi ritornare indietro, dandoci quello che in cuor nostro vogliamo, ma chiedendoci di fare bene attenzione al tutto, perché se ora mettiamo da una parte quei pezzi sul tavolo, dopo torneranno e dovremo trovare il loro posto.
La narrazione segue un flusso, forse semplicistico ed elementare per molti, ma io lo trovo importante proprio per questo. Non chiede nessuno sforzo, Stranger Things, vuole solo trasportare lo spettatore nel posto più bello della memoria, vuole che certi cinismi di fondo, certi meccanismi occulti da forzata narrazione seriale siano per qualche ora messi dentro un ripostiglio e chiusi a chiave.
Persino certi momenti telefonati, acquistano una loro bellezza proprio per il loro essere prevedibili e narrativamente azzeccati. Sai che sta per succedere, succede, e ne sei soddisfatto perché è così che doveva andare, semplicemente.
Non si vuole cambiare nessuna regola, riuscendo dove molti falliscono: raccontare solo una storia.
Naturalmente, senza dimenticare ciò che ha reso grande il tutto: i meravigliosi anni '80, quel corposo mix di Stephen King e Steven Spielberg.
Così ecco le sale giochi con Dragon's Lair, il gruppo di Perdenti che finisce per avere la sua Beverly Marsh, ancora un corposo sprazzo di Aliens e un Sean Astin che, logico come respirare, si prende in giro autocitando i Goonies.
Persino Winona Ryder che ad un certo punto rifà sé stessa, con quel comportamento apparentemente folle direttamente dalla prima stagione, si riallaccia a quel senso di atteso e voluto a cui non sappiamo o vogliamo rinunciare.
Così come la parte finale dell'ultimo episodio, con quel suo commovente buonismo che fa tanto bene al cuore e ci fa pensare che tutto, nel suo ritmo cadenzato di mostri e mistero,  doveva portare solo e soltanto a quel momento.


I giovani attori ancora una volta veri protagonisti, in tutto e per tutto.
Da cinefilo, pura gioia per cuore e occhi vedere l'evoluzione non solo del personaggio Eleven ma sopratutto di Millie Bobby Brown, ormai giovane donna sulla scena e capace di avere un grande futuro recitativo se davvero lo desidera.
I duetti tra lei e David Harbour bucano lo schermo, si piazzano saldi tra alcune delle interpretazioni più potenti viste quest'anno.
Così come, a livello di appassionato della prima ora, trovo assolutamente azzeccato, in un ottica di gioco all'incastro capace di divertire mentre componiamo il nostro virtuale puzzle, quello che vede Dustin (Gaten Matarazzo) e Steve (Joe Keery) stringere virile e fraterna (nel senso di fratello maggiore-minore) amicizia.
Insomma, non temete: Stranger Things non ha perso la sua magia, anzi.
Ha capito come riproporsi senza perdere la propria essenza e anzi mostrando al pubblico che, se continuerà a percorrere con esso la strada dei ricordi, finirà inevitabilmente per crearne di nuovi e ben più accesi. Gli anni '80 non vogliono andare via, e noi per il momento non sentiamo minimamente il bisogno di cacciarli. Lasciamo fuori gli haters e la loro supponenza.
Tutto quello che dobbiamo fare è premere "Play" e lasciare che una volta l'anno torni quel necessario bisogno di guardare, senza pensare e senza pretendere nulla che non sia divertimento.
E questa, forse, è davvero la cosa più strana di tutte.

STRANGER THINGS 2 (stagione completa disponibile su Netflix)
creato dai Duffer Brothers
con David Harbour, Millie Bobby Brown, Winona Ryder, Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin e Sean Astin.

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