SAW X

 


Homo Homini Jigsaw.

C'è un sentimento molto particolare, che serpeggia lungo tutto SAW X, il nuovo capitolo della Saga dell'Enigmista, da ieri anche nelle sale italiane per Eagle Pictures.

Perché, forse per la prima in quasi vent'anni e nove film, mi sono ritrovato a parteggiare per John Kramer, il che a suo modo vorrà pure dire qualcosa, immagino.

Ma andiamo con un pizzico d'ordine e di sinossi, che poi è quella che avete intuito dal trailer: il film, infatti, è ambientato - cosa da tenere bene a mente - tra il primo e il secondo capitolo, e vede il "buon" John intento ad affrontare, con sempre meno forze, le terapie per il suo male. Sinché un altro paziente terminale, incontrato durante una sessione di terapia di gruppo, non gli prospetta una cura miracolosa, non approvata ufficialmente, portata avanti all'estero dalla figlia di un illustre medico, che opera in clandestinità. 

Sì, il sentore di truffa lo si sente lontano un miglio, ma non ne farei una colpa al Nostro: quando ci si trova in quella situazione, la Speranza è un barlume che acceca anche la mente più razionale.

E una volta scoperto l'inganno, inutile dire che la vendetta sarà "giocosamente" crudele, di sicuro servita con abbondante sangue e mutilazioni varie.

Tutto nella norma, insomma? Direi che, se siete fan della prima ora del franchise, qui avrete di che sciaquarvi la bocca da quel "Spiral", tanto insipido che ancora mi chiedo quale fosse la geniale idea partorita da Chris Rock che avrebbe dovuto reinventare la ruota dentata del meccanismo di morte, ma non divaghiamo.

Perché, anche se quella X sta per "10", Saw dimostra di avere ancora del potenziale per imbastire un racconto che si regga sulle fondamentali spalle di Tobin Bell.


A differenza che in passato, qui l'attore è pienamente protagonista, dall'inizio alla fine, non si limita ad apparire e fare la sua solita voce cavernosa, rendendo palese che lui è Jigsaw, che lui è la nota a cui la Saga non può, nè deve fare a meno, altrimenti tutto crolla.

Al suo volto associamo la figura dell'Enigmista, così come Robert Englund è Freddy Krueger, per capirci. E stavolta può dimostrare di saper tenere il palco, in prima persona, senza troppi sotterfugi, dando a questo film una caratura drammatica inattesa e molto gradita.

Non fraintendetemi: le trappole mortali, lo splatter, al limite della tortura e del dover distogliere lo sguardo, sono ben presenti, marchio di fabbrica irrinunciabile, insieme a quella fotografia in toni acidi, che il regista Kevin Greutert ancora ricorda come utilizzare (ha diretto il sesto e settimo film). Ma è la sceneggiatura di Peter Goldfinger e Josh Stolberg a funzionare più che egregiamente, avendo capito finalmente come condurre... il gioco.

Sono sempre loro, infatti, ad aver firmato il succitato "Spiral" e l'altrettanto dimenticabile "Saw: Legacy", ma qui, per la prima volta, hanno l'idea giusta, hanno qualcosa da raccontare e un percorso da far seguire a tutti i personaggi principali, cercando di attenersi al canone e sopratutto alla psicologia degli stessi, per non "tradire" gli appassionati.

C'è difatti un sottile senso in tutto ciò che accade, nel modo in cui John Kramer "cade" nella truffa, nella pena che ne consegue, e nel tono della sua vendetta e in quello con cui si rapporta con la sua complice (lo so, non dovrei dirlo, ma Shawnee Smith si vedeva anche lei nel trailer, quindi non è proprio una sorpresa).


Qui si dimostra più "umano", colto in un momento di apparente debolezza, e pensandoci, è qualcosa che poteva accadere solo in questo frangente, un abbassare la guardia che sappiamo benissimo non accadrà più.

Forse perché, dopo tanti anni dal "Capitolo Finale in 3D", Goldfinger e Stolberg hanno capito che l'Horror funziona quando sa incanalare il tempo presente, e molto è cambiato da quel primo "Enigmista" di James Wan, capace di rappresentare come pochi il desiderio di "cattiveria" dominante dei primi Anni Duemila, quella voglia di "gioie violente che avevano fini violente". Ma appunto, la sabbia nella clessidra ha continuato a scorrere, e il franchise deve trovare nuova linfa emozionale, rimanendo fedele a sè stesso.

"Saw X" riesce a fare questo, riesce a spostare l'ago della bilancia di quel tanto da farci cambiare prospettiva, dal farci parteggiare per il "cattivo" che qui, forte anche del suo codice morale, risulta molto meno deprecabile, nel paradosso, delle sue vittime.

Le persone coinvolte nella truffa sono infatti marce, al punto che Kramer diventa quasi il buono della faccenda, ma non mi spingo oltre, altrimenti dovrei svelare qualche arcano, che invece vi lascio il piacere di indovinare - ed eventualmente - apprezzare da voi.

Riusciamo a capire le motivazioni di Jigsaw perché, in questo caso, diventa impossibile non farlo, diventa impossibile non ravvisare, in questa truffa, quelle che purtroppo da sempre albergano nel mondo reale, dove la voglia di vivere di chi soffre è preda facile di ogni tipo di raggiro, di curatori, sia spirituali che terreni, dagli inesistenti scupoli.

C'è, in "Saw X", una bella dinamica... di gioco, alcune buone idee di fondo,  che salvano il film, anche quando sembra un poco cedere troppo il passo al già visto e persino al prevedibile, eppure, quando inizia il terzo atto, e parte l'iconico tema dell'Enigmista, è quasi come fosse suonato da un'orchestra e la risoluzione scatena quel sorriso sornione a mezza bocca, mefistofelico quanto basta.

C'è poi il fattore fanservice, immancabile in un film del genere, e a questo proposito, attenzione ai titoli di coda.


Mi sono sinceramente "divertito", per quanto ci si possa "divertire" a vedere qualcuno torturato con meccanismi machiavellici, e di sicuro, si esce dalla sala con quella percezione che il franchise ha ritrovato la sua corsa, e non mi stupirebbe venisse annunciato in futuro un "XI" che continui a scavare nel passato, ma con il giusto escamotage per iniziare a creare nuova mitologia, cosa che qui, e non è un difetto, non si è provato a fare, memori dei tonfi già sperimentati.

Il gioco è ricominciato... stavolta, senza carte truccate!



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