ANCORA UNO POI BASTA - Daredevil Stagione 3


Può il Diavolo salvarci tutti dal Male?
Suona come un paradosso teologico, a vederla da una certa angolazione, ma è in realtà il sunto e il la per parlare della terza stagione di "Daredevil", appena sbarcata su Netflix.
Eppure è proprio la religione uno dei leit motiv del personaggio e di queste 13 puntate, ma ci arriveremo più avanti.
La terza stagione conferma - lo dico subito, così mi libero del peso - che Matt Murdock è sinora l'unico eroe della compagine Marvel/Netflix a non soffrire della serialità, ma anzi sfrutta appieno il mezzo per esprimere tutto il suo potenziale.
La ragione è semplice: Daredevil spacca.
Spacca, sulle pagine dei fumetti (almeno, quando è scritto bene).
Spacca, sul piccolo schermo.
Spaccherebbe, sul grande, perché mai dimentico quel tonfo di 15 anni fa.
Spacca, perché è un eroe urbano, umano, forte e fragile allo stesso tempo, solo eppure circondato da amici fedeli, afflitto dal dubbio, roso dalla vocazione a fare del suo dono una responsabilità, rendendo sin troppo facile empatizzare con lui e col suo animo.
Daredevil è un personaggio dotato di un dannato peso specifico, che solo grandi autori hanno saputo, in tanti anni di carta, portare alla luce.
Uno per tutti, e non a caso? Frank Miller.


L'uomo che ha ridato vita al Cavaliere Oscuro, come prima aveva fatto con il Diavolo di Hell's Kitchen, ridefinendone stile e comprimari, introducendo Elektra, colpo di fulmine per Matt e per i lettori.
E con Miller e il suo lavoro la serie è fortemente debitrice (e quanto meriterebbe di essere citato nei titoli di testa).
Così come lo è, in un fil rouge degno dei migliori voli pindarci, della trilogia del Dark Knight cinematografico di Christopher Nolan, che ha ridefinito l'apporccio al cinecomic sofferto.
Tanto Nolan ha puntato su un eccessivo realismo nella sua narrazione, al punto da rendere plausibile la presenza di un tizio vestito da pipistrello in un distretto di polizia, allo stesso modo hanno operato Erik Oleson e Drew Goddard, rispettivamente showrunner e creatore della serie TV sul Diavolo Custode.
Non fosse per quei limiti imposti dalla sospensione dell'incredulità, come i sensi ipersviluppati di Matt o la mira micidiale di Bullse...ehrm, l'agente Poindexter, il tutto ci appare dotato di un realismo calzante, funzionale, corposo.
Ritornano le atmosfere della prima stagione, leggermente abbandonate nella seconda con l'introduzione del Punitore di Jon Bernthal e della Elektra di Élodie Yung, con Kingpin nuovamente villain a tutto tondo (buono, Willie, non mi riferisco alla tua stazza) e un Vincent D'Onofrio ancora più nel personaggio, ormai completamente suo.


Ci sono i tormenti di un uomo straordinario come Matt Murdock, perso lungo un sentiero confuso di sentimenti vendicativi, scelte dolorose e conflitti tra ciò che è Giusto e ciò che è Sbagliato, anche quando si pensa sia fatto a fin di Bene.
Ma il Male può portare mai il Bene?
Il Diavolo può salvarci tutti?
La domanda ritorna prepotente, lungo tutte le tredici puntate, tragedia intima di un Eroe per vocazione, che sente su di sé il peso di una città intera.
Siamo lontani, e questo rende Daredevil un unicuum nel prospetto universale del MCU, cosa mai saputa riprodurre con personaggi completamente minori come Luke Cage e Iron Fist, dalle facilonerie crasse dei film per il cinema.
Qui si fa sul serio, il sangue è rosso e le anime sono nere.
Ma sopratutto si alza il tipo della sperimentazione, con soluzioni registiche e visive ardite, flashback in bianco e nero che ci trascinano lungo una storia caotica di follia in divenire.
Cosa muove un uomo sulla via della perdizione e del delitto?
Il vissuto di Ben Poindexter è quasi ineluttabile, nel suo personale inferno.
Così come ineluttabile quella spada di Damocle sulla testa di Matt Murdock, che vede quel dono ricevuto non come divino, ma come maledetto.
Eppure è a Dio che si rivolge la sua vita, quando sente di dover chiedere aiuto.
Qui le citazioni al lavoro del già citato Miller si sprecano, e anche se ogni tanto il Diavolo Custode di Kevin Smith e Joe Quesada fa capolino, con questa citazione o quella inquadratura stravolta, è a Born Again (da noi, Rinascita) che l'appassionato pensa e ripensa, tra i corridoi ammuffiti di una chiesa di quartiere.

Non stanca mai, Daredevil.
Mentre gli altri eroi Netflix finiscono per annoiarti, il Diavolo ti avvince, ti trascina per i vicoli malfamati e ti conduce lungo una strada che difficilmente senti di voler abbandonare.
Daredevil è un Diavolo che sa sedurre e di cui non ci stanchiamo facilmente.
E allora, come solo le migliori trasposizioni sanno fare, ti sale una dannata voglia di (ri)prendere in mano le storie a fumetti, quelle belle, quelle memorabili e (ri)leggerle con passione, in attesa delle nuove avventure del piccolo schermo.
La verità è che promuovo la terza stagione di Daredevil con un poderoso SI', felice e sollevato che siamo ancora di fronte ad un prodotto solido, che mantiene la sua rotta.
Preghiamo solo, a questo punto, di non dover attendere troppo per la quarta.
Può un Uomo Senza Paura salvarci tutti dal Male?
Forse, ma sopratutto può salvarci tutti dall'ansia da bingewatching!
Voto 9!


DAREDEVIL - Stagione 3
Disponibile su Netflix dal 19 ottobre
Tratto dall'omonimo fumetto della Marvel Comics
Con: Charlie Cox, Vincent D'Onofrio, Deborah Ann Woll, Elden Henson.

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Commenti

  1. Io ancora non lo vedo. Nessuna delle tre. Ma mi sto convincendo, deluso invece dal Puni che ho mollato subito. Sì, Devil è sicuramente quel che voglio vedere, ora come ora.
    Potrebbe piacermi e sicuro mi piacerà. Contento che funzioni bene, mentre le altre serie MCU Netflix naufragano.
    Ma non inseriscono Devil nel mega-gruppo di eroi? Gli attori si sono detti pronti a un crossover con Spidey...

    Moz-

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    1. Il Punitore, almeno a mio modesto parere, una possibilità se l'è meritata. Nei confini di una narrazione seriale, la versione di Jon Bernthal non è poi così da buttar via e da buone speranze per la seconda stagione.
      Daredevil sinora è l'unica serie Marvel/Netflix che funziona davvero, grazie al personaggio e agli sceneggiatori che, usando il fumetto come via ma non come dogma, riescono a confezionare una bella versione del Diavolo di Hell's Kitchen.
      Le altre serie invece falliscono perché poggiano su basi troppo deboli e su tutta una serie di errori, produttivi e di sceneggiatura, non indifferenti.
      E se Jessica Jones è riuscita a guadagnarsi la promozione con riserva, la bocciatura di Luke e Danny non mi stupisce poi così tanto.
      Per quanto riguarda inserire Daredevil nel gruppo degli eroi cinematografici e farlo incontrare con Spidey, è solo la frase bella da dire nelle interviste.
      Perché, detto francamente, è una mossa senza logica e senza senso, dato che parliamo di due visioni dei personaggi completamente diverse e non compatibili.
      Come ho scritto anche nella recensione, l'approccio al Diavolo è serio, realistico, corposo e raramente incline alla faciloneria del MCU sul grande schermo.
      Giocando con un medium diverso, il piccolo schermo, la Marvel si è voluta concedere un approccio più drammatico, che con Daredevil ci sta una meraviglia.
      Creare le basi per un loro incontro sarebbe solo una mossa fatta tanto per.
      Meglio che ognuno rimanga nel suo orticello, al massimo una citazione tra un dialogo e l'altro, ma nulla più.

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