UNA PALLOTTOLA SPUNTATA (2025)

 

Far Ridere è una Cosa Seria.

Forse anche per questo negli ultimi anni Hollywood sembra aver voluto mettere da una parte le commedie demenziali, preferendo spesso destinarle direttamente allo streaming, nonostante ci sia davvero bisogno di una sana risata, mai come di questi tempi (e il successo in patria di "Happy Gilmore 2" dimostra anche questo, tra le altre cose).


Di sicuro, il nuovo UNA PALLOTTOLA SPUNTATA prende questo incarico con una certa responsabilità, sapendo anche di avere alle spalle un'eredità impossibile da dimenticare: nata serie televisiva, la "Police Squad!" di Zucker-Abrahams-Zucker è poi diventata Mito con i tre film sempre con Leslie Nielsen protagonista, che con il personaggio di Frank Drebin entrava nell'Olimpo della Comicità per non uscirne più.


Siccome nessun brand rimane impunito, ecco adesso che Paramount ci riprova, con Seth MacFarlane alla produzione e Akiva Schaffer dei The Lonely Island (già messosi in luce con quel gioiello di "Cip & Ciop - Agenti Speciali") alla regia, con questo reboot / sequel / legacy / vattelapesca con Liam Neeson nel ruolo del figlio di Drebin, Frank Jr., che ha seguito le orme del padre.


Partiamo subito da due fattori per far prima: La Comicità è tra le cose più soggettive che ci siano e il casting del nuovo "The Naked Gun" è perfetto, a partire proprio da Neeson.

L'attore ha l'età e il curriculum giusto per il ruolo, dimostra di volersi mettere in gioco e di rispettare il lavoro fatto da Nielsen, soprattutto nel metodo recitativo. Nielsen, infatti, già da prima di incontrare ZAZ che gli hanno dato una possibilità con "Airplane!", voleva cimentarsi con la commedia, sentiva che era nelle sue corde, trovando così una sua strada.

Neeson invece sceglie un approccio diverso, proprio perché il suo stile e la sua indole sono diverse, senza scimmiottare o provare ad imitare chi lo ha preceduto, puntando piuttosto sul contrastro tra la serietà macchiettistica del suo volto "da duro" e la follia di tutto il resto che lo circonda, mettendosi d'impegno e spirito per regalare parecchie risate al pubblico.


Pamela Anderson poi si fa amare: sulle orme di Priscilla Presley, si lancia senza paracadute atterrando in piedi, e trovando qui una ulteriore prova vincente per il suo rinascimento sia attoriale che personale. La sua "improvvisazione jazz" mi ha fatto sbellicare.

Paul Walter Hauser, dopo "I Fantastici Quattro", è nuovamente presenza gradita sul grande schermo di questa estate, qui nei panni del figlio del Capt. Ed Hocken di George Kennedy.

Danny Huston e Kevin Durand sono invece la parte "cattiva" della faccenda.


Ok il cast, e il resto? Diciamo che il film sa essere esilarante quando vuole, e per fortuna lo vuole spesso, rispondendo a quel prurito social da "Film così ormai non ne fan più", ed in alcuni momenti, quando il politicamente corretto volta le spalle, dà la zampata sonora.

È demenziale in modo moderno, lo vuole fortissimamente, e si appoggia più sui giochi di parole (in originale è sicuramente più spassoso) che non sulla comicità prettamente fisica (anche in questo sta la differenza tra il Drebin di Nielsen, che rimane inarrivabile, e quello di Neeson, ma credetemi, va benissimo così), ed in una particolare sequenza, che non spoilero, paga un evidente debito allo stile di MacFarlane, perchè pare una gag uscita da "I Griffin".


L'accento sul surreale è sicuramente caricato al massimo, e anche se alcuni momenti cadono a vuoto, seppur con le migliori intenzioni, nel complesso è un film che riesce nel suo intento di riportare in sala un cinema che punta solo ad essere esagerato e "stupido", senza sofismi di sorta, sapendo anche cosa e come prendere in giro, ad esempio "Mission : Impossible".


A mancare però sono "i livelli", che rimangono cifra stilistica di Zucker-Abrahams-Zucker.

Fateci caso, riguardando le vecchie "Pallottole": c'è la gag principale, ma poi, sullo sfondo, succede comunque di tutto, e ad ogni nuova visione scovi un altro motivo per ridere. Ecco, qui questo sembra davvero mancare, rendendo forse il film più debole dei predecessori (anche qui non necessariamente un male - era una sfida ardua anche solo pensare di raggiungere quella cima, andiamo) e non altrettanto indimenticabile sulla lunga distanza (salvo eventuali e molto probabili sequel, naturalmente).

A compensare questa "mancanza" è però la volontà di Schaffer di omaggiare quella lezione di comicità parodistica, andando indietro sino alla già citata serie televisiva: anche qui ci sono tormentoni che si ripetono nell'ilarità generale e in un punto in particolare, ma che non dico per non rovinarvi la sorpresa, il richiamo è così evidente che per poco non applaudo.


Andatelo a vedere, se siete curiosi, magari cercando di evitare il paragone col passato - anche se è impossibile, lo so - ma soprattutto andateci con la sana voglia di divertirvi, di passare un'ora e mezza senza doversi preoccupare dei problemi là fuori, con un cestello di popcorn tra le mani invece del bicchiere da sommelier, un paio di amici a farvi compagnia e il solo pensiero di staccare la spina e ridere di cuore, senza curarvi di quanto i dialoghi siano brillanti o dei loro sottotesti, di quanto incasso potrà ottenere o percentuale di pomodori su un certo portale web.


Perché non dimenticate che sarà sempre una risata a seppellirci!


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