FINGERNAILS

 


Only You.

Le relazioni, il partner perfetto o almeno quell'illusoria sicurezza di averlo davvero trovato, ma sopratutto quell'inafferrabile sentimento che ci piace chiamare Amore: tutto questo è il centro focale di FINGERNAILS, il film di Christos Nikou, con protagonisti Jessie Buckley, Riz Ahmed e Jeremy Allen White, ora disponibile su AppleTV.

E da cinico pervicace, ammetto di aver particolarmente apprezzato il disincato quasi crudele che emerge dal ritratto realizzato dal regista, utilizzando come escamotage questa macchina, creata in una linea temporale alternativa, ferma stilisticamente e culturalmente tra gli Anni '80 e '90, e che permette di stabilire se la persona di cui diciamo di essere innamorati è davvero la nostra anima gemella, con "precisione scientifica": basta solo farsi strappare un'unghia, ed attendere l'insindacabile responso.

Insindacabile, eppure per la protagonista Anna (Buckley) qualcosa non sembra funzionare, qualcosa le insinua il dubbio che quel 100% ottenuto con Ryan (Allen White) non sia la verità, perché altrimenti dove sono quelle emozioni che ci hanno raccontato innumerevoli film, canzoni e libri, quella fiamma che arde sempre e ti fa battere il cuore? Perché per Ryan sembra andare così bene questa routine asettica in cui stanno cadendo?

Così Anna decide, alla prima occasione, di farsi assumere in uno dei Love Institute in cui si fanno questi test, allo scopo di capire come funziona il tutto, e perché no, mettere ordine nei suoi pensieri. E sopratutto capire perché Amir (Ahmed), il suo supervisore, sembra attrarla così tanto, forse che sia lui il vero partner perfetto, quello da farfalle nello stomaco? La macchina a quel punto che responso potrebbe dare?

E i dubbi di Anna sono facilmente comprensibili, perché sono paturnie in cui spesso può capitare di cadere, sono quei pensieri obliqui che ti attraversano la mente, quando guardi gli altri e vedi qualcosa che a te sembra stranamente mancare. Ma poi è davvero così, davvero l'idea dell'Amore è un sentimento più forte dell'Amore stesso?



Abbiamo bisogno di certezze, di qualcosa che dirami i dubbi, proprio perché spesso anche il cuore potrebbe ingannarci, potrebbe regalarci un'illusione, la stessa che ci fa vedere il rapporto dei vicini come più verde (anche quando alle volte non lo è) e la stabilità, quello che dovrebbe essere il cemento di un rapporto, perché invece ci sembra un nemico da evitare, qualcosa di lontano dall'ideale amoroso che neanche noi sappiamo come definire?

Vogliamo i brividi, il cuore che sussulta, magari sentire persino i violini. Ma non sarebbe meglio un bel disco di Nina Simone, magari da ascoltare con qualcuno che non lo faccia solo in nome del compromesso, indicato anch'esso come punto cardine di una relazione? Ma è Amore a quel punto o solo una più vacua convivenza?

Non sarà che ci stiamo "accontentando", solo perché "non possiamo rimanere da soli", ma allora perché alle volte sembra che "essere innamorati ci fa sentire più soli di quando si è da soli" (cit.).

Pensieri, tanti, ma Nikou fa in modo che la sua pellicola non suoni mai come depressa, anzi ricerca, sfruttando l'arma di stereotipi da scardinare (come le canzoni in francese) di donare alla storia una sorta di naturale simpatia, al punto che il film inciampa persino in questa cosa, almeno un paio di volte, rendendolo imperfetto.

Eppure, quando si arriva alle note finali, Nikou sa come chiudere in un modo solo in apparenza incerto, ma è proprio quella incertezza a donarle un sentimento fortissimo, pieno di significato, perché alle volte altro non serve che un salto nel vuoto, perché nulla è davvero calcolabile, non una forza come quella del cuore.


Merito del suo cast, indubbiamente. E se Jeremy Allen White lavora bene in sottrazione, rendendo quasi anonimo il suo Ryan, a colpire sono Riz Ahmed e Jessie Buckley, forti di una bella alchimia quando sono insieme, con l'attrice in grado di comunicare la doppia anima del film, passando, nel tempo di un fotogramma, dal sorriso al farsi pensierosa, pronta al dubbio e a mille domande che attraversano il suo sguardo, con solo la musica a portarla lontano.

Una visione che mi ha dato da pensare, che mi ha colpito in un modo che ho trovato intelligente, seppur con i suoi difetti, certo, ed è sopratutto per questo che ve la consiglio, per riuscire a coglierne un significato, prestando sopratutto attenzione ai dettagli, ai gesti.

E finendo per interagire, come spettatore, ad un livello che mi ha sorpreso, quando mi sono ritrovato preoccupato riguardo l'esito di una particolare sottotrama del film, forse perché in fondo, certe illusioni, certi dettami da "happy ending" sono qualcosa da cui non riusciamo davvero a liberarci.

"Fingernails" è un buon film indipendente, e anche se si potrebbe sfruttare il fatto che a produrlo c'è Cate Blanchett, è proprio la sua natura indie quella che va considerata, quella stessa natura che spesso sa regalare visioni più stimolanti che tante altre più pubblicizzate.

Ma se invece non dovesse piacervi... beh, assolutamente legittimo, ed è a voi che regalo il gioco di parole finale, perché potreste sempre dire che per voi vedere il film è stato come... farsi strappare un'unghia!



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