LA CITTÀ PROIBITA
Dalla Cina, con Sentimento. Ce lo aveva già dimostrato Bruce Lee, che Roma poteva essere teatro ideale per uno scontro di arti marziali destinato alla memoria, e Gabriele Mainetti, al suo terzo lungometraggio da regista, non solo conferma la cosa, ma realizza un film in cui a dominare, oltre all'amore per il cinema di genere, cosa che è il suo marchio di fabbrica, è anche l'Amore con la maiuscola. È questo a colpire duro in LA CITTÀ PROIBITA, tanto quanto le spettacolari, impeccabili coreografie del "Famo a Menasse" di Yaxi Liu, quella che si dice una scoperta pura, una di quelle che riescono solo ai bravi registi, che hanno occhio per gli interpreti e sanno scovare perle nascoste come lei, stuntwoman bravissima, che già aveva lavorarato come controfigura per il live action di "Mulan", e che qui diventa attrice, con un corpo che è un fascio di nervi pronti a scattare, sinuosa come un cobra e altrettanto pericolosa, e un volto che buca lo schermo e trasmett...