I FANTASTICI QUATTRO - GLI INIZI
Buona la Quarta.
Tutti avremmo voluto fosse la prima, ma quella c'è stata nel 1994, prodotta da Roger Corman, e nessuno l'ha vista (a meno di non saper navigare nei meandri di internet).
Poi ci ha provato la Fox, affidandosi a Tim Story, con due film pieni di simpatia ma anche di una certa evanescenza, dove Destino viene sconfitto con una lezione di chimica elementare e Galactus rappresentato con una nube di fumo, forse perché Silver Surfer si è divorato il budget nel frattempo (o forse solo per pigrizia degli sceneggiatori, chissà).
Abbiamo imparato a voler bene a quei Fantastici con Jessica Alba e Chris Evans, perché, come tutti i cinecomics di quegli anni, erano l'unico modo per vedere i nostri beniamini dei fumetti sul grande schermo, e poi in VHS, e poi in DVD, con l'MCU ancora lontano a venire.
Dieci anni dopo, nel 2015, la Fox ci ritenta e, complice forse la relativa vicinanza con "Man of Steel" e la volontà di distinguersi dal carrozzone Marvel Studios, ecco la "Snyderata" di Josh Trank, con una spolverata di "Ultimate FF" e tanta cupezza non necessaria. Il concetto di "Famiglia" diventa altro, e il tono finto-drammatico si rivela più che altro soporifero.
Salto di altri dieci anni - notare la quasi matematica coincidenza della cosa - e I FANTASTICI QUATTRO - GLI INIZI approda nelle sale, aprendo alla Fase 6 del Marvel Cinematic Universe, introducendo questi Eroi per la quarta volta, appunto, stavolta con l'intenzione ferma di farli restare e diventare parte integrante della baracca, visto che nel frattempo la Disney si è comprata la Fox, e ora anche loro e gli X-Men possono entrare in gioco.
Deve rappresentare Reed, Sue, Johnny e Ben al cinema. Non presentare, anche perché ormai la storia la conosciamo: quattro astronauti, quattro pionieri dell'ignoto partono per le stelle e ritornano cambiati, dotati di poteri fantastici, con cui diventano la First Family della Casa delle Idee, amatissimi, celebrati e con un intero palazzone a loro disposizione.
Ma appunto rappresentare, mostrare quei personaggi e non semplicemente appiccicargli addosso quei nomi, farli allungare od infiammare, e fargli dire "È tempo di distruzione".
E il film diretto da Matt Shakman fa questo, in effetti. Ci mette di fronte alla First Family più amata di Terra 828 (cifra scelta non a caso, con mio sommo piacere), un universo parallelo in cui il retrofuturismo domina sovrano, con un'estetica che il regista di "WandaVision" ha dimostrato di padroneggiare, ma che qui raggiunge picchi di fascinazione notevoli.
Il tono, la fotografia, tutto sembra richiamare degli idealistici Anni '60, un tempo lontano, venato di nostalgia, eppure al tempo stesso, grazie al genio di Reed Richards, dotato di particolari invenzioni e rivoluzioni, tra "I Pronipoti" e... guarda un po', i "Fantastic Four" dei fumetti, quelli di Stan Lee e Jack Kirby, citati in vari modi durante la pellicola, inclusa una particolarissima inquadratura (sbattete le ciglia e ve la perdete).
Dopo una veloce fase introduttiva, in cui ci vengono riepilogati questi ultimi quattro anni dalla loro entrata in scena come Supereroi, ci è chiaro che questi Fantastici Quattro sono una parte importante e molto attiva di questo mondo, dei salvatori e figure di riferimento.
Ma che, soprattutto, delle varie "F" una sta davvero per "Famiglia": sono un gruppo unito, non solo dal sangue, ma anche da questo destino comune. Sono figure pubbliche, ma hanno le loro piccole normalissime tradizioni, come la cena della domenica, le loro gioie, come l'arrivo di un bambino tanto desiderato, e i loro piccoli grandi superproblemi.
Johnny Storm è la quota giovane del gruppo, il fratello minore non solo di Sue ma un po' di tutti, scapestrato in apparenza, ma capace di mettere la testa a posto quando serve. Magari infiammabile, ma qui meno da prendere a schiaffi e più ragazzo che sa farsi apprezzare.
Reed Richards è genio, una mente capace di guardare ai problemi e valutarli come tali, alla ricerca della miglior soluzione, miliardario... beh, di sicuro, come nei fumetti, il successo derivante dall'essere un inventore e Mr. Fantastic sono innegabili, filantropo sicuramente, ma playboy no di certo, innamoratissimo e fedele alla sua Sue Storm.
Il rapporto con la maternità, con la vita che porta in grembo e che desidera proteggere, l'allargare questa visione al mondo intero, sono i punti chiave del film, quelli che gli danno uno spessore che va oltre al solito fare caciarone del MCU, che fanno capire quanto peso specifico si è deciso di dare a questa pellicola, che doveva essere rispettosa del materiale trattato.
Ebon Moss-Bachrach comunque ci mette il giusto sentimento nella voce e nelle espressioni, sia come Cosa che come Ben Grimm.
Joseph Quinn fa altrettanto con il suo Johnny, rendendolo vanesio e superficiale solo in apparenza, pronto a cadere sotto il fascino della "sexy aliena nuda" (sto parafrasando) ma anche desideroso, per via di quella fiamma giovane che gli brucia nel petto, la stessa di tutti a quell'età, di dimostrare il proprio valore, come adulto e come membro del gruppo.
Pedro Pascal dona la sua sensibilità di attore ad un Reed Richards con cui è forse più facile empatizzare. Sempre razionale ma meno "freddo" o altero, capace anche di rendere appieno l'insostenibile paura di dire "Non lo so", quando pensi di avere tutte le risposte.
Vanessa Kirby, come detto, incarna Susan alla perfezione. Cuore di madre, talento di attrice, è lei ad avvolgere la sua Famiglia con un campo di forza invalicabile, di Donna che di Invisibile ha solo il potere e l'appellativo, ma decisamente sa come farsi valere.
Detto questo, Julia Garner dona austera eleganza alla sua Silver Surfer, capace però di farle anche trasmettere emozione, di farle provare qualcosa oltre la lucida corazza in CGI. Direi "farla brillare" ma ammetto che come gioco di parole è troppo pure per me.
Ralph Ineson è maestoso, più che altro lo è l'apparenza del suo Galactus: massiccio, monumentale, minaccia terribile per il prezzo che chiede di pagare, di sicuro una visione su grande schermo che rende giustizia all'iconicità del personaggio, copricapo non proprio facile da renderizzare incluso.
Stavolta il budget non è andato in fumo (ok, la smetto).
Se proprio li si vuole approfondire, ci sono sempre i fumetti, dove i loro caratteri sono sviscerati più a fondo che non in due sole ore di film, e dove ti viene ricordato che l'unica frase iconica che serve è sempre e solo quella, quella per cui è sempre l'ora, anzi il Tempo giusto.
Non dico neanche che mi sto accontentando, sfinito dopo tanti tentativi passati, ma piuttosto che, per fortuna, si è capito quale strada intraprendere, un vero "primo passo", quello con cui sai che inizia ogni lungo viaggio, Dottor Destino di Robert Downey Jr. permettendo, ça va sans dire.
Se poi volete la versione definitiva del Quartetto al cinema, della "Normale Famiglia di Supereroi", sappiate che esiste già, in fondo, e si intitola "Gli Incredibili"!
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