RE-VISIONE - STAR WARS L'Ascesa di Skywalker (senza spoiler)


Tanto tempo fa, in una Galassia lontana lontana...
C'era un giocattolo, una statuina raffigurante un uomo, bardato di un nero mantello e con un casco ancora più nero. Nella sua mano una spada laser.
Dopo averci giocato per anni, quel giocattolo, come spesso avviene per le cose che diventano vecchie e alle quali ci si affeziona, è stato messo sotto una campana di vetro.
Ogni tanto, una piccola spolverata e poi rimesso al suo posto, in estatica contemplazione di chi nel frattempo passava di lì, vecchio amico o nuova conoscenza.
Un giorno, per svariate ragioni che sarebbe lungo ricapitolare, quel giocattolo, con tutta la campana, viene venduto ad una vecchia e potente signora.
La nuova proprietaria sulle prime non sa che fare, sa che quel ninnolo ha potenziale, decide così di aprire la campana e lasciare che un suo pupillo ci giochi.
Il ragazzino, occhialuto e coi capelli ricci, ha un timore quasi reverenziale per il giocattolo, ne conosce il valore, sa che là fuori ci sarebbe chi per quella statuina darebbe la vita, così ci gioca sì, ma con prudenza, la tratta coi guanti bianchi e poi la ripone al suo posto, dimenticandosi di metterci sopra la campana.

Un paio d'anni dopo, un amico del ragazzino occhialuto, un suo quasi coetaneo dai capelli rossicci, viene invitato e come spesso si usa tra giovanotti, il primo lascia giocare il secondo con quel giocattolo, convinto che lo tratterà con lo stesso suo riguardo.
Ma non siamo tutti uguali, e preso dalla foga del gioco e del divertimento, questi invece gli cava un braccio, rompendolo.
Ma non irreparabilmente in realtà, ha solo levato l'arto di plastica dal suo incavo, un danno che può anche essere l'occasione per inventare, perché no, inaspettate avventure.
La padrona però, stabilita l'entità del danno e pentendosi di aver tolto troppo presto il giocattolo da sotto la campana, prova a ripararlo, con l'aiuto del ragazzino occhialuto.
Questi, con un piccolo sforzo, riesce a riposizionare il braccio. Nonostante l'incidente, che si nota per delle inevitabili piccole crepe nella plastica, il giocattolo è di nuovo funzionante come prima, e come tale viene rimesso sotto la campana, destinato a rimanerci.
Forse, per sempre.
La recensione di "L'Ascesa di Skywalker" la potrei anche chiudere qui.
Ma non sarebbe giusto, quindi continuo dicendo che questo "Episodio IX" è un film di Star Wars, in quelli che sono i suoi pregi.
Lo è nelle sequenze e negli scorci più spettacolari, lo è nelle dinamiche di botta e risposta della squadra di protagonisti, lo è nell'introdurre ad arte due nuovi personaggi su cui poterci ricamare in futuro in libri e fumetti, lo è nel ritmo e nell'intrattenimento, così come nella colonna sonora, una garanzia sempiterna firmata John Williams, che qui saluta una storia iniziata più di quarant'anni fa, pura narrazione su spartito.
Ma "The Rise of Skywalker" non è bello o brutto, solo tremendamente ruffiano e pure un tantinello vigliacco, secondo a chi lo chiederete.
Questo può piacere o meno, al netto di tutto - e ci arriveremo - ma era il suo scopo, e Abrams ha fatto esattamente quello che ci si aspettava da lui.
Ha riposto il giocattolo sotto una campana di vetro.

Perché, con questa nuova trilogia, il problema sta a monte, perché è un progetto nato sotto cattivi auspici sin da "Il risveglio della Forza".
Un risveglio che è arrivato troppo presto, che ancora la sveglia non era suonata.
E non parlo certo di predestinazioni Jedi o maledizioni Sith.
Una storia simile pretendeva un percorso ragionato lungo tutto il trittico, una linea guida, una figura che coordinasse tutto e desse ai tre film una visione unica, impronte autoriali dei registi a parte.
(Il che è quello che ha portato alla recente nomina di Kevin Feige.)
Invece si è deciso di lavorare ad impronta, di andare passo per passo, film per film, idee buttate sul tavolo e chissà se va, chissà se va, se va..
Massì che va, massì che va, che va.. Se non va non va non va... per citare canticchiando una vecchia sigla di varietà della televisione di una grande artista col caschetto biondo.
Abrams si è messo paura, e a parte puntare su un character design perfetto per vendere, poco altro andava a dire col suo "Episodio VII", ha cullato la vecchia guardia e consegnato alla nuova un'eroina per cui parteggiare, un pilota dallo spirito indomito e un ex-trooper con sin troppi crucci di coscienza ma che per tre film non ha mai avuto nulla da dire.
Il tutto commisto con quel fanservice che scalda sempre il cuore e un droide a palla.
Arriva poi il tanto odiato Rian Johnson che invece ha pensato che quel giocattolo potesse essere svecchiato, che con quel giocattolo ci si dovesse effettivamente giocare.
E allora ecco le idee, quelle che per due anni abbiamo lentamente, come un compromesso, compreso, riuscendo a vedere "Gli Ultimi Jedi" come una transizione tra vecchio e nuovo, tra ciò che ha significato Star Wars e ciò che invece potrebbe dire ai giovani di oggi e anche a noi vecchiardi, se sapute presentare.
Con tutto un interessante aggancio per scelte ancora più coraggiose, per arrivare là dove il Falcon non era mai arrivato, sull'esempio del Master George Lucas, che per inseguire la sua visione ha dato vita ad una trilogia prequel che ancora oggi è oggetto di critiche.
Ma il popolo armato, non più di torce e forconi, ma di mouse e tastiera, è insorto contro l'Impero cattivo che secondo lui quel giocattolo vuole buttarlo nella bocca del Sarlacc per guardarlo lentamente disfarsi, digerito da logiche che non vuole accettare.

Così riecco Abrams, a cui spetta il compito di rimettere tutto com'era, di cercare il più possibile di metterci una pezza, con la Disney che, pur se non lo ammetterà mai, si è un poco pentita di aver dato vita a questa nuova trilogia troppo presto.
Ma è anche vero che dagli errori si impara, e produzioni come "The Mandalorian", scritte con coscienza, pensate a tavolino, prodotte e dirette a puntino lo dimostrano.
Però l'errore iniziale rimane, bisogna rimediare, chiudere quel capitolo nel modo più indolore possibile ed è quello che fa Abrams per le due ore e mezza de "L'Ascesa".
Tira le fila, cerca d'incastrare tutto, anche quelle poche cose sfuttabili del capitolo precedente, altre le ignora bellamente, altre ancora fa, insieme con il co-sceneggiatore Chris Terrio, i salti mortali per renderle giustificabili e "sensate", mentre costruisce una trama che è pura emanazione di quelle suggestioni da fanservice elementare che già permeavano il suo "Episodio VII".
Giustamente, facendo infuriare chi invece credeva nella Forza delle novità, che voleva le grandi idee, che voleva vedere uno Star Wars capace di stupire per il coraggio e avere la forza di proseguire ancora più lontano (lontano) e dare alla Galassia lo scossone promesso.
(e penso sia il motivo della divergenza artistica che ha portato all'allontanamento di Colin Trevorrow, regista inizialmente designato per questo nono film)
Quella che doveva essere una nuova epopea dalle enormi aspettative, è d'improvviso diventata la fine di una saga, quella degli Skywalker, che qui danno il loro saluto definitivo al pubblico.
I colpi di scena non ci sono mai per davvero, tutte le fan theories che vi sono venute in mente in questi quattro anni tornano prepotenti, trovando rassicurante concretizzazione sullo schermo, Abrams strizza talmente l'occhio ai fan duri e puri che se non gli è venuto un tic nervoso stavolta mai più, un paio di scene inevitabilmente il naso lo fanno storcere perché anche no, ma al tempo stesso vedi il sipario iniziare a calare, e allora ok, vai così.
Riuscendo persino,  sul finale, a rendere il giusto merito che era stato negato ad un peloso personaggio per tutti questi decenni (e lì mi sono un poco emozionato, lo ammetto).
Tutto questo, stranamente, mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo.
Abrams ha fatto esattamente quello che volevo da lui.

Ha chiuso questa parentesi, partita sbagliata, arrivata al traguardo col fiatone, eppure capace anche di dimostrare che il marchio Star Wars è più vivo che mai.
Che la Forza scorre potente nel pubblico che ama questo franchise, che il futuro non è ancora scritto, che anche senza più gli Skywalker la Galassia Lontana Lontana potrà ancora essere raccontata.
La Disney ha imparato la lezione e stavolta, come già è stato più volte detto dalla stessa LucasFilm, a parte i progetti Disney+, ci si prenderà le dovute pause, per pensare e ragionare, per costruire storie davvero nuove e a lungo termine.
Ma questo "Riveglio degli Ultimi Jedi in Ascesa" si è concluso.
Rimesso nella sua campana di vetro, ogni tanto una spolverata, ma per carità, sul serio, lasciatelo lì dove sta!
(e comunque D-O con poco batte BB-8 su qualsiasi lunghezza.. eh, la Disney e il suo rapporto d'amore con le lampade da tavolo... questa arriva tardi ma arriva!)

(i poster artistici all'interno della recensione sono, nell'ordine, di: Tracie Ching, 17th and Oak, Andy Fairhurst e Marko Manev)

STAR WARS - THE RISE OF SKYWALKER
Regia di J.J. Abrams
Con Daisy Ridley, John Boyega, Oscar Isaac, Adam Driver, Carrie Fisher

Ci è voluto Abrams e il suo Star Wars per convincermi a riprendere in mano il blog, dopo più di un anno dall'ultimo post. I profili principali de IL NERDASTRO, con le news, le curiosità e le facezierimangono sempre quelli social di Facebook e Twitter (e a cui durante l'anno si è pure aggiunto Instagram, seppur ancora in rodaggio), ma prometto che le recensioni, quelle lunghe, quelle corpose, quelle con qualcosa da dire come in questo caso, troveranno nuovamente visibilità anche sul blog!



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